Giuseppe Conte apre la conferenza stampa con gli auguri a Giorgia Meloni “per il compito che le spetta. Noi saremo pronti a difendere i nostri valori e principi costituzionali, consapevoli della rimonta straordinaria della nostra forza politica con questa investitura popolare”, dice il presidente del Movimento 5 Stelle.
Il leader M5S Giuseppe Conte non fa sconti al capo dei dem: “Non cerchi capri espiatori per il suo fallimento”
Ma Conte risponde anche deciso alle accuse del segretario del Partito democratico Enrico Letta (che durante la giornata aveva accusato i 5S di essere la causa della vittoria del centrodestra) invitandolo a “non cercare capri espiatori a cui addossare le sue responsabilità”.
Conte si presenta in conferenza stampa con la consapevolezza di avere compiuto un piccolo capolavoro resuscitando un M5S che molti davano per finito: “Il voto ha testimoniato una grande investitura dei cittadini – dice Conte – nei confronti del Movimento, nonostante dopo la caduta del governo Draghi tutte le forze politiche ci abbiano attaccato e tutti ci dessero fuori gioco. In questo contesto un risultato oltre il 15% è un grande successo che ci dà grande coraggio e determinazione per affrontare questa legislatura senza fare sconti a nessuno”.
Promette un’opposizione “dura, durissima, senza sconti” contro chi vorrebbe cancellare il Reddito di cittadinanza (Giorgia Meloni ieri l’ha messo come priorità della sua azione di governo) rimandando però l’inevitabile dialogo con il Partito democratico: “Con l’agenda Draghi Letta ha venduto un progetto politico che non c’era. Come avevamo detto in campagna elettorale non ci sarà alcun dialogo. Non è una questione personale o di gruppo dirigente, ma di un’agenda: bisogna capire che Pd verrà fuori dal confronto interno che ci sarà. All’esito di quello vedremo se ci saranno le condizioni per riallacciare il dialogo”, spiega ai giornalisti.
Per questo ritiene opportuno spiegare per l’ennesima volta che non si sente responsabile della caduta del governo Draghi rivendicando anzi la natura “progressista” delle sue 9 richieste presentate a Mario Draghi.
“Noi avevamo solo una stella polare nella scorsa legislatura, mantenere il programma elettorale del 2018 e ne abbiamo realizzato l’80% senza fare compromessi al ribasso – spiega Conte – e abbiamo lasciato il governo Draghi perché combattiamo per le nostre battaglie”. L’ex presidente del Consiglio confessa anche di temere con un governo guidato da Giorgia Meloni “una corsa al riarmo”.
Come in campagna elettorale Giuseppe Conte non nasconde di voler tenere il Movimento 5 Stelle nell’arco progressista, svestendosi ancora di più dell’apolitica che fu (“né di destra né di sinistra”) e provando a cambiare pelle ancora una volta. Questo giro in Parlamento avrà dalla sua una truppa più fedele e già testata ma il Movimento 5 Stelle dovrà imparare di nuovo a muoversi da forza dell’opposizione, evitando (come dicono anche alcuni parlamentari) di cadere nel populismo dei tempi del “vaffanculo”.
Passata la luna di miele del recente risultato favorevole il presidente del Movimento 5 Stelle dovrà però fare i conti con la distribuzione delle cariche parlamentari e con la costruzione di un’asse d’opposizione in cui ritagliarsi un ruolo da protagonista. Il progetto evidentemente è quello di ritrovarsi un Pd con una nuova dirigenza pronta a riaprire i discorsi chiusi dopo la caduta di Draghi. Conte ha dimostrato di essere performante in campagna elettorale ora deve smentire il giudizio di essere molto meno bravo a gestire un partito. Gli sciossionisti non ci sono più. Ora non ci sono più scuse.