Il M5S non è morto. È morta, in compenso, la credibilità di chi anche in questa campagna elettorale ha giocato a fare il forte con i presunti deboli (che deboli invece non lo erano). Il Movimento 5 Stelle che molti davano come praticamente scomparso incassa un risultato elettorale. Arrivare sopra il 15% per il partito di Giuseppe Conte fino a poco tempo fa sembrava un miraggio.
Il M5S non è morto. Arrivare al 15% per il partito di Giuseppe Conte fino a poco tempo fa sembrava un miraggio
Solo che tutti gli accadimenti che sembravano punti di debolezza in realtà si sono rivelati punti di forza. La caduta del governo Draghi (con il premier che ha deciso di rassegnare piccato le dimissioni senza voler discutere le richieste di Conte) è stato capito molto di più dagli elettori rispetto ai cosiddetti prestigiosi editorialisti di casa nostra.
“Il Pd è responsabile vittoria centrodestra, era il partito che doveva contribuire alla realizzazione del campo progressista e che invece l’ha sfasciata”. Lo dice il vicepresidente del M5s, Riccardo Ricciardi. “Raccontare al Paese dell’agenda Draghi significa che poi il Paese non ti segue. Queste scelte del Pd purtroppo le pagheranno gli italiani”, ha aggiunto. In effetti i risultati parlano chiaro: “L’agenda Draghi” è un feticcio che interessa a certi giornali e a certi gruppi di potere ma non ha riscontro nella realtà.
Il M5S lo davano per morto e invece è vivo, vivissimo, e anche se ha parecchi voti in meno rispetto al boom delle scorse elezioni politiche rischia di essere molto più capace di incidere nella politica del Paese. Nel Movimento in molti hanno imparato la lezione dell’imbarcare parvenu e inetti. Giuseppe Conte questa volta ha voluto controllare le liste, verificare le competenze e soprattutto ha scelto di prendersi la responsabilità di rappresentare una precisa parte politica.
Non è un caso che molta gente rappresentativa a sinistra (da Tomaso Montanari a Loredana De Petris passando per Fassina) abbia deciso di preferire il partito di Conte alla coalizione di centrosinistra. In un tempo in cui l’aporofobia (il disprezzo per i poveri) sembra avere infettato anche pezzi ritenuti progressisti (oltre ad avere infervorato diversi giornali) tenere la barra dritta alla fine ha premiato: quello che qualcuno definiva “voto di scambio” per gli elettori è stata semplicemente una scelta di campo. Il Movimento 5 Stelle non ha “abolito la povertà” (come ingenuamente detto dal balcone dal transfugo Di Maio) ma ha scelto comunque di farsene carico.
Ha funzionato il No all’invio di altre armi all’Ucraina
Poi c’è la guerra. Anche in questo caso bastava leggere meno alcuni giornali e di più i numeri: la guerra in Ucraina che Usa, Nato e industria bellica saluta come una benedizione economica è osteggiata dalla maggioranza degli italiani. Il trucco di far apparire come “amici di Putin” chi persegue itinerari di pace funziona solo in certi editoriali. La perseveranza con cui Giuseppe Conte si è assunto la responsabilità di dire che non saranno le armi a trovare la soluzione in Ucraina evidentemente funziona molto di più di quel che si creda.
Conte ora deve dimostrare abilità politiche oltre che elettorali, nella sconosciuta posizione dell’opposizione
Ora, raggiunto disperato risultato, resta da capitalizzare la propria posizione. Giuseppe Conte (che ha letteralmente salvato il Movimento Cinque Stelle) deve dimostrare abilità politiche oltre che elettorali, nella sconosciuta posizione dell’opposizione. Nel frattempo i grillini osservano compiaciuti il disfacimento di Di Maio che pensava di poter mettere Conte alla presidenza del Consiglio manovrandolo, poi a capo del partito manovrandolo, poi ha pensato di poter svuotare il partito scindendosi e invece è finito a piedi. Il Movimento 5 Stelle è molto più solido di quel che pensava. Ora bisognerà vedere se riuscirà a essere più maturo.