“Pronto? Guardi, neanche noi sappiamo nulla”. “Grillo? Sinceramente non so, le uscite di due giorni fa non le ho capite…”. “Conte? Ci tengono all’oscuro di tutto, così è complicato anche lavorare”. Parlare ieri con i parlamentari del Movimento cinque stelle significava ieri raccogliere sentimenti di spaesamento e frustrazione. Perché se da un lato l’irritazione di Giuseppe Conte dinanzi alle uscite poco eleganti di Beppe Grillo ha lasciato tutti spiazzati sul futuro del M5S in cui pure continuano a credere, dall’altra non meno diffuso era l’impressione che a un certo punto qualcuno possa dire “basta”.
Perché l’incredibile caos in cui è piombato il mondo pentastellato comincia un po’ a stancare anche chi ne è profondamente affezionato o quasi devoto. La ragione consiste nel fatto che i mesi che si stanno alternando senza una guida politica che sia tale ha lasciato i parlamentari anche con l’impossibilità di pronunciarsi su questioni politiche specifiche. Chiaro quanto ci dice un parlamentare che preferisce restare anonimo: “Non abbiamo più un’anima. Ciò che ci distingueva dagli altri era il fatto che non avevamo un ‘capo’ inteso in senso classico. Ora invece non solo non abbiamo un ‘capo’, ma c’è una situazione per cui siamo senza leader e spesso ci obbligano a non pronunciarci in attesa che le cose cambino. Ma intanto non cambia nulla, anzi le cose peggiorano…”.
LE CARTE IN TAVOLA. Nel frattempo i pontieri sono al lavoro. Cronache, indiscrezioni, commenti e gossip concordano sulla possibile chance in extremis di una svolta affidata a Luigi Di Maio. Nel frattempo, però, surriscaldata dall’afa e dalle tensioni fra fazioni e leader contrapposti, l’atmosfera fra i grillini è piuttosto quella del principio della fine e del si salvi chi può. L’impressione è che la tattica dell’eterno rinvio di Conte abbia fatto perdere all’ex premier l’attimo fuggente per essere acclamato all’unanimità leader dei 5 Stelle.
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In altre parole, il rischio è che all’orizzonte ci sia una nuova spaccatura tra “contiani” e “grillini”, a meno che uno dei due leader non faccia un passo verso l’altro, il che vorrebbe dire di fatto una cessione di autorità e prestigio a favore dell’altro. E sul punto la posizione di Conte non pare essere troppo lontano dal granitico. Il ragionamento dell’avvocato è piuttosto lineare: ero stato chiamato per rifondare il Movimento, mi era stato detto che poteva ragionare in autonomia pur tutelando i principi Cinque stelle e ora, invece, mi si dice non solo che il lavoro svolto finora non è buono ma soprattutto che devo sottostare a Grillo.
Da qui la decisione: nessuno spazio per una diarchia. “È Grillo che deve fare un passo indietro”. Ma se fino a un mese fa era difficile che qualcuno potesse non essere d’accordo con l’ex premier, ora il tempo è passato e Grillo è tornato a rivestire per molti il ruolo cardine di sempre. Da qui la volontà per buona fetta di parlamentari e attivisti di non rinunciare al loro garante visionario.
FINALE APERTO. Difficile dire, dunque, come andranno le cose. Certo è che Conte, per non perdere ulteriore terreno, sa bene che i tempi a sua disposizione sono molto stretti. “Lunedì, massimo martedì parlerà”, confermano le persone a lui vicino. Ma determinanti saranno, al di là delle dichiarazioni formali, gli incontri ufficiosi e le telefonate che si alterneranno tra oggi e domani. Anche, verosimilmente, tra i due protagonisti di questa vicenda. Inizialmente quasi fantozziani, ora dalle sembianze tragicomiche.