Dopo il terremoto degli incontri carbonari dell’ex pm Luca Palamara, al Consiglio superiore della magistratura arriva pure lo tsunami giudiziario che in queste ore sta gettando altre pesanti ombre sulle toghe italiane.
Dietro i veleni su Conte l’ombra di una loggia segreta che arriva al Csm
Si tratta dello scandalo dei plichi inviati anonimamente e contenenti presunti verbali d’indagine, i quali sembrerebbero essere stati estratti dai computer dei pubblici ministeri di Milano, in cui si palesa l’inquietante ipotesi investigativa, fatta propria dalla Procura di Perugia che sul caso ha aperto un fascicolo, della possibile esistenza di una loggia segreta denominata “Ungheria”, composta da politici, magistrati e imprenditori, che sarebbe stata capace di condizionare il Csm e altri settori dello Stato.
L’evidenza di ciò, secondo quanto si apprende dall’inchiesta su cui il procuratore Raffaele Cantone ha imposto il silenzio assoluto, è contenuta proprio nei verbali trafugati in cui a parlare è l’ex legale esterno di Eni, Piero Amara. Materiale inviato a diversi giornali in cui sono contenute dichiarazioni esplosive su cui ora i pm umbri intendono far luce.
Pagine di deposizioni in cui sarebbero presenti evidenti calunnie, piste investigative rimaste prive di riscontro ma anche evidenze ritenute verosimili e su cui, in modo ancora da chiarire, sarebbe calato il più assoluto silenzio. Verbali che devono essere presi con le pinze perché Amara, il quale in passato ha patteggiato a 2 anni e 8 mesi per corruzione in atti giudiziari, è anche l’uomo che per i pm ha messo in piedi la vicenda del depistaggio dell’indagine Eni in cui si alludeva a un presunto complotto creato contro l’allora vertice del cane a sei zampe, Claudio Descalzi.
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La loggia Ungheria e i veleni sull’ex premier
Motivi per i quali i magistrati, allo stato, lo reputano un testimone credibile solo su una piccola parte del proprio racconto. Del resto alcuni passaggi sulla presunta loggia sono già stati smentiti e tra questi c’è la rivelazione di Amara, risultata completamente falsa, secondo cui il consigliere del Csm Stefano Ardita farebbe parte della struttura segreta. Un falso che lo stesso magistrato ha già chiarito, documenti alla mano, ai pm umbri facendo notare che Amara gli attribuiva amicizie con personaggi con cui era in aperto contrasto e che lo stesso ex consulente legale di Eni nelle dichiarazioni lo indicava come pm a Catania nel 2006 quando in realtà era già al Dap di Roma.
Non c’è dubbio che la vicenda è destinata a far parlare a lungo e sta già producendo effetti inattesi. Con il gonfiarsi di questa vicenda, infatti, secondo molti sarebbe iniziata una lotta intestina all’interno della Procura di Milano. Una faida tra toghe che è stata seccamente smentita dal procuratore di Milano, Francesco Greco, ma che, a ben vedere, sembra avere un fondo di verità.
A farlo intuire è la decisione, comunicata ieri ma già presa nelle scorse settimane, con cui il pubblico ministero meneghino Paolo Storari, titolare del fascicolo d’indagine sul cosiddetto “falso complotto Eni” in cui sono stati raccolti gli interrogatori dell’ex legale esterno del colosso petrolifero, Amara, si è chiamato fuori dal caso. Proprio Storari, del resto, è il magistrato che ha consegnato, come consentito dalla legge, i verbali scottanti di Amara all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo.
Il fascicolo parallelo
Una mossa con cui il togato voleva autotutelarsi da critiche o problemi perché avrebbe chiesto per ben sei mesi, senza avere alcuna risposta, di effettuare iscrizioni per andare a verificare le parole dell’avvocato siciliano a partire proprio da quanto detto in relazione alla presenza in Italia di una loggia segreta capace di orientare tanto le toghe quanto altri settori dello Stato italiano. Che il caso sia davvero complesso e preoccupante lo si capisce anche dal fatto che ad occuparsene non è solo la Procura di Perugia ma anche i colleghi di Roma guidati dal procuratore Michele Prestipino.
Nel fascicolo romano, il quale mira a far luce sull’acquisizione e sulla diffusione dei verbali di Amara, c’è già un’indagato. Si tratta di Marcella Contrafatto, impiegata del Csm nella segreteria dell’allora consigliere Davigo, a cui viene contestato il reato di calunnia. La donna che ieri si è avvalsa della facoltà di non rispondere, per i pm è colei che ha inviato i dossier ai giornali. A riprova di ciò, spiegano i magistrati, c’è il ritrovamento, nel suo pc degli atti inviati.