Un rinvio tecnico, niente di più. Il premier Giuseppe Conte la spiega così. Nessun giallo, insomma, dietro lo slittamento alla prossima settimana del Consiglio dei ministri che dovrà varare il decreto su Reddito di cittadinanza e Quota 100. Perché il Governo, chiarisce, “vuole fare le cose per bene”.
Dagli Stati generali dei consulenti del lavoro, il presidente del Consiglio dedica parte del suo intervento al provvedimento bandiera del Movimento 5 stelle. Definendola un vero e proprio “manifesto politico” e non una “estemporanea promessa elettorale”. La misura, spiega è al vaglio della Ragioneria dello Stato, il Governo ci sta lavorando da tempo perché “complessa”.
Di qui il differimento al prossimo Consiglio dei ministri. Ma “non ci problemi”, assicura il premier. Di questa misura “beneficerà non soltanto la stabilità sociale ma anche la produttività”, prosegue, spiegando di “comprendere le perplessità” espresse da alcuni” sulla misura, e confermando che i datori di lavoro avranno diritto ad una serie di detrazioni fiscali.
“La dignità sociale non può prescindere da un’occupazione stabile, ecco perché abbiamo lavorato per incrementare i contratti a tempo indeterminato”. Parole peraltro suffragate anche dai dati Istat. “Noi non siamo contrari ai contratti a tempo determinato ma la precarizzazione a vita non può essere l’orizzonte di una politica economica sociale con la ‘P’ maiuscola”, aggiunge il presidente del Consiglio. Ma non è tutto.
Conte non trascura neppure l’altra misura prevista nel decreto, che fa seguito alla Manovra, ovvero l’intervento sulle pensioni, bandiera condivisa dai grillini con la Lega. “Quota 100 la stiamo impostando. Era giusto intervenire in sé” a riformare il sistema delle pensioni “ma anche per il ricambio generazionale”, sostiene. A questo proposito, il premier ribadisce che, nell’incontro avuto alla fine dell’anno scorso a Palazzo Chigi, una “importante azienda dello Stato – faccio il nome, Eni – ha anticipato che, nel 2019, per ogni uscito” con quota 100 “ci saranno 2-3 assunti”.
Rispondendo ai cronisti al termine del suo intervento, poi il premier non si sottrae alle domande sui temi di confronto ancora aperti all’interno dell’Esecutivo. Sulle trivellazioni conferma che “il Governo esprime una sensibilità diversa rispetto al passato”. Evidentemente “faremo anche una riflessione e valuteremo”, ma “c’è comunque una sensibilità comune a rivedere le autorizzazioni alle trivelle perché non è questa secondo noi la soluzione da offrire al Paese per rafforzarne capacità energetica”.
Infine, il fronte caldo del Tav, sul quale il premier getta acqua sul fuoco. “Tutto il Governo si esprimerà. Adesso il lavoro istruttorio è stato completato. Io, confesso, non l’ho ancora letto, lo studierò, lo studieremo tutti e definiremo un percorso di valutazione trasparente, comunicato ai cittadini, ed espliciteremo la decisione del Governo. Non è un problema che scenda in piazza la Lega o il Movimento, che scendano in piazza i cittadini”.