Per prassi, i primi a salire al Colle, inaugurando le consultazioni che Sergio Mattarella ha avviato oggi sono stati i tre presidenti. Prima a salire è stata la presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati, che è rimasta con Mattarella circa 40 minuti. Poi è stato il turno del presidente della Camera Roberto Fico (ricevuto per 15 minuti). Infine il turno del presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano. Una prima tappa di valenza più simbolica che sostanziale prima di entrare nel vivo. Nessuno ha rilasciato dichiarazioni.
Dopo i presidenti, sempre oggi, saliranno al Quirinale le rappresentanze delle minoranze parlamentari. A cominciare dalla delegazione della componente per le Autonomie guidata da Juliane Hunterbergher. Cui seguiranno i Gruppi Misti del Senato (presieduto da Loredana de Petris) e della Camera (Federico Fornaro).
Comincia oggi il pellegrinaggio del Centrodestra che si presenta ‘spacchettato’ alle consultazioni. L’ultimo gruppo che salirà al Quirinale (ore 18.30) da Sergio Mattarella sarà infatti quello di Fratelli d’Italia, capeggiato da Giorgia Meloni. L’ex ministra per la Gioventù comporrà la delegazione insieme ai capigruppo di Camera e Senato, Fabio Rampelli e Stefano Bertacco, e a Mattarella ribadirà la propria linea: chiedere che l’incarico venga conferito a un esponente del Centrodestra, alias il leader della Lega, Matteo Salvini. La Meloni vuole muoversi lungo la direttrice secondo la quale il candidato premier della coalizione è il leader del partito che al suo interno ha preso più voti (il Carroccio). No a governi “istituzionali” o di “larghe intese”.
La delegazione del Pd, della quale dovrebbero far parte, oltre al reggente Maurizio Martina, anche il presidente Matteo Orfini e i capigruppo di Camera e Senato, Graziano Delrio e Andrea Marcucci, salirà al Colle domani alle 10. Con tanti buoni auspici ma con le idee molto meno chiare. Resta la linea dell’opposizione decisa dall’ultima direzione e caldeggiata dall’ex segretario Matteo Renzi. Ma non mancano i distinguo dopo l’uscita allo scoperto dei big della minoranza. Primi tra tutti Dario Franceschini e Andrea Orlando. La loro posizione è più o meno questa: non si può andare da Mattarella per dire di essere contrari a tutto. Anche perché, se perdurasse lo stallo, il Pd potrebbe diventare ago della bilancia per dar vita ad un Governo.
Dopo la batosta elettorale, con il derby tutto interno al Centrodestra perso contro la Lega di Matteo Salvini, Silvio Berlusconi ha una priorità. Evitare il ritorno alle urne a stretto giro. E quando domani (alle 11) la delegazione di Forza Italia sarà ricevuta al Colle dal Presidente della Repubblica, non è difficile prevedere che il partito dell’ex Cavaliere dichiarerà la sua piena disponibilità a sostenere, in prima battuta, un Governo di Centrodestra guidato dal segretario del Carroccio Matteo Salvini. Ma se questa ipotesi dovesse trovarsi senza numeri in Parlamento, Berlusconi virerà su quella che è la sua vera prima opzione: un Governo con dentro tutti. L’unico Esecutivo, cioè, nel quale potrebbe avere ancora voce in capitolo.
Andrà da solo al Colle, ma il segretario della Lega Matteo Salvini si presenterà da Mattarella come leader del Centrodestra, portando in dote al capo dello Stato l’intero pacchetto di voti (il 37%) della coalizione. Una dote di tutto rispetto ma insufficiente per dare vita ad un Governo sorretto da una maggioranza stabile e sutosufficiente. Se da un lato Salvini sta cercando di tenere unito il Centrodestra dall’altro non ha esitato, rischiando di spaccarlo, a giocare di sponda con i 5 Stelle nella partita dell’elezione dei presidenti delle Camere. Non sarà Salvini o morte, ha più volte ribadito il leader della Lega. Che non chiude ad un Governo guidato da un premier diverso né teme il voto anticipato. A differenza di Berlusconi.
Il Movimento 5 Stelle è stato chiaro: non sosterrà mai alcun Governo guidato da un premier diverso da Luigi Di Maio. Concetto che il capo politico M5S ribadirà domani a Mattarella quando, per ultimo, salirà al Colle chiudendo il primo giro di consultazioni. Al pari di Salvini, anche Di Maio, in quanto leader della prima forza politca italiana, rivendica il diritto-dovere di provare a formare un Governo. Ma con lo stesso handicap del leader della Lega: non ha una maggioranza per poterlo fare. Per questo Di Maio ha aperto il confronto con tutti sui temi per cercare convergenze in Parlamento sul programma del Movimento. Sia con il Centrodestra (ma senza Berlusconi) che con il Centrosinistra (ma senza Renzi).