Era finito nella bufera per la sua esibizione canora decisamente sopra le righe. Almeno per l’allora console generale italiano ad Osaka. Immortalato nel 2012, nelle vesti di Katanga (il suo nome d’arte), alla testa del gruppo Sottofasciasemplice, sul palco di una kermesse organizzata da CasaPound, ricambiando il saluto romano del pubblico.
NELLA BUFERA. Troppo persino per un “figlio di” come Mario Vattani, erede di papà Umberto potentissimo ambasciatore che alla Farnesina ricoprì per due volte la carica di segretario generale. Al punto che il rampante rampollo, richiamato in Italia dal ministro degli Esteri dell’epoca, Giulio Terzi di Sant’Agata, finì pure dinanzi alla disciplinare beccandosi una sospensione di quattro mesi, in seguito annullata dal Tar. Dieci anni dopo, tutto è dimenticato.
E, soprattutto, nel Paese della memoria corta, pure perdonato. Lo scorso 30 aprile, infatti, per Vattani jr. è arrivata l’ora del riscatto con l’agognata nomina ad ambasciatore decretata dal Consiglio dei ministri. Destinazione, Singapore. Una sede piccola, certo, ma pur sempre strategica nello scacchiere dei delicati equilibri asiatici vista anche la sua vicinanza con la Cina.
Nel 2013 il neo-ambasciatore ci provò pure con la politica: candidato nelle liste de La Destra in Campania fallì la scalata ad uno scranno di Palazzo Madama. Adesso, però, avrà di che consolarsi avendo centrato l’obiettivo più ambito: la carriera diplomatica sulle orme di papà.