La Sveglia

Consensi in calo per Trump? Basta una (finta) telefonata

Nel manuale delle presidenze in crisi, Donald Trump aggiorna l’appendice. Quando il gradimento affonda al 39%, il peggiore da settant’anni a questa parte, l’istinto suggerisce di evocare il prestigio delle relazioni internazionali, magari con una telefonata mai avvenuta. Xi Jinping chiama, dice lui. Peccato che Pechino smentisca, ufficialmente e per due volte, che ci sia stato un colloquio tra i due leader. Nessuna telefonata, nessun negoziato sui dazi, nessun segnale di apertura. Solo Trump che inventa, mentre il paese reale gli scivola tra le mani.

A centri di rilevamento spenti, il Washington Post, l’Abc e Ipsos misurano il battito della presidenza. I numeri sono impietosi: il 39% di approvazione contro un 55% di disapprovazione, il 44% di giudizi fortemente negativi. La distanza tra Trump e il resto del paese si fa voragine, e il paragone con i predecessori è un altro schiaffo: Obama stava al 65% nei primi cento giorni, Biden al 52%. Trump non riesce a risalire nemmeno ai livelli del suo primo mandato. Anzi, peggiora. Tra le donne il gradimento precipita al 36%, tra gli ispanici al 28%.

L’economia, un tempo vessillo della sua narrativa muscolare, oggi gli si rivolta contro: il 60% degli americani boccia la sua gestione, i dazi fanno più paura che orgoglio, e il protezionismo esasperato viene percepito come una minaccia diretta ai bilanci domestici. Trump, fedele al proprio stile, trasforma la politica estera in teatro d’ombre. Assomiglia a quella che avrebbe voluto essere mediatrice e invece è stata solo una comparsa nelle retrovie durante il funerale di Francesco. Per questo si piacciono.