Confindustria lancia l’allarme dazi: “Effetti profondi sull’economia”

Le imprese sono terrorizzate dalle politiche di Trump. Che ieri ha già deciso di partire con tariffe reciproche

Confindustria lancia l’allarme dazi: “Effetti profondi sull’economia”

Mentre l’Italia di Giorgia Meloni continua a prostrarsi di fronte alle politiche degli Usa di Donald Trump, Confindustria lancia un allarme sugli effetti nefasti che i dazi americani potrebbero avere sul nostro sistema produttivo. I dazi sono uno strumento “estremamente distorsivo” e nel caso dell’Italia “le connessioni economiche sono estremamente profonde”.

È quanto afferma il Centro studi di Confindustria. Un allarme che arriva poche ore prima dell’annuncio di Trump sui dazi reciproci. L’obiettivo è pareggiare i conti con i paesi che impongono tasse sui beni americani e risolvere così quelle che ritiene pratiche commerciali sleali. “Se loro ci tassano, noi tassiamo loro, allo stesso modo”. E ancora. “I dazi arriveranno presto, non solo sull’acciaio, ma anche su altri settori, sull’automobilistico, sul farmaceutico”, ha minacciato Trump.

Confindustria: gli Usa prima destinazione extra-Ue dell’export italiano

Il Centro studi di Confindustria ha sottolineato come gli Usa “sono la prima destinazione extra-Ue dell’export italiano di beni e di servizi e la prima in assoluto per gli investimenti diretti all’estero”. Nel 2024 le vendite di beni italiani negli Usa sono state pari a circa 65 miliardi di euro, generando un surplus vicino a 39 miliardi.

Il mercato Usa ha offerto il contributo più elevato alla crescita dell’export italiano dal pre-Covid. Gli investimenti diretti dell’Italia verso gli Stati Uniti – spiega il Csc – ammontano a quasi 5 miliardi all’anno, il 27% del totale (media 2022-2023); 1,5 miliardi annui, invece, i flussi dagli Usa in Italia. Il deflusso netto di capitali è un segnale di dinamicità delle multinazionali italiane (anche grazie agli incentivi Usa), ma anche di limitata attrattività del mercato italiano per i capitali americani.

Le multinazionali americane sul territorio italiano, comunque, sono le prime per numero di occupati (più di 350mila nel 2022), contribuendo per più di un quinto al valore aggiunto nazionale e alla spesa in ricerca e sviluppo. Il Csc sottolinea che “quasi tutti i settori manifatturieri italiani godono di un surplus commerciale con gli Stati Uniti”.

L’export italiano è più esposto della media Ue al mercato Usa

L’export italiano è più esposto della media Ue al mercato Usa: 22,2% delle vendite italiane extra-Ue, rispetto al 19,7% di quelle Ue. I settori maggiormente esposti in Italia, a fronte della introduzione di dazi negli Stati Uniti, che rischiano una eventuale contrazione delle esportazioni, sono quelli delle bevande (negli Usa il 39% dell’export extra Ue), gli autoveicoli e gli altri mezzi di trasporto (30,7% e 34,0%, rispettivamente) e la farmaceutica (30,7%).

L’import italiano è meno dipendente della media Ue dalle forniture Usa: 9,9% rispetto a 13,8% degli acquisti extra-Ue. I comparti più dipendenti sono il farmaceutico (38,6%) e le bevande (38,3%), che lo sono anche dal lato dell’export. Ciò – spiega il Centro studi Confindustria – evidenzia la profonda integrazione di queste filiere produttive e il loro elevato rischio in caso di dazi e ritorsioni.

Per il totale manifatturiero, il peso degli Usa come mercato di destinazione è pari a circa il 7% delle vendite. Secondo il Csc i solidi legami produttivi tra le due sponde dell’Atlantico sulla chimica e il farmaceutico potrebbero essere un deterrente alla rincorsa tariffaria: oltre il 70% dello stock di capitali investiti dalle imprese farmaceutiche Ue nei paesi extra-UE è diretto negli Usa; la quota è la stessa per le multinazionali farmaceutiche tedesche mentre quelle italiane sfiorano il 90%.

“Altri prodotti italiani per cui è rilevante il mercato americano, secondo i criteri di esposizione e surplus, comprendono anche mezzi di trasporto, macchinari e alimentari e bevande: settori merceologici con alta propensione all’export, per i quali la domanda statunitense si è rafforzata negli ultimi anni, quindi altrettanto potenzialmente uno strumento di negoziazione per l’amministrazione Usa”.