Confindustria di lotta e di governo. Rialza le stime del Pil ma bacchetta sui giovani: “Emergenza che ci costa 14 miliardi l’anno”

Da Confindustria giudizio agrodolce sull’Italia. Da una parte gli industriali alzano le stime del Pil, dall’altra criticano per la situazione dei giovani

È agrodolce il giudizio sulla situazione dell’Italia che arriva dalla Confindustria. Se da una parte infatti l’associazione degli industriali alza le stime sulla ripresa economica e inquadra un mercato del lavoro in ripresa, dall’altra ha tracciato un quadro a tinte fosche su uno dei nervi scoperti del Belpaese: la condizione dei giovani. Il Centro studi dell’associazione capeggiata da Vincenzo Boccia ha rivisto al rialzo la crescita del Prodotto interno lordo (Pil) all’1,5% nel 2017 e all’1,3% nel 2018, rispetto all’1,3% e all’1,1% indicati a giugno.

E anche sul fronte lavoro, sempre secondo l’associazione degli industriali, i passi in avanti sono tangibili: “I progressi sono stati notevoli anche in termini di persone occupate: +815mila; a fine 2018 supereranno di 160mila unità il picco toccato nel 2008. Avevano toccato il minimo nell’autunno 2013 (-988mila unità)”. Ma Boccia e co. hanno tenuto a precisare: “Il rischio è che l’autocompiacimento per il buon andamento economico rilassi l’azione riformista dei governi. Ciò vale sia dentro i singoli Paesi sia nel rilancio dell’Unione europea e, soprattutto, nell’Unione monetaria. L’Italia – ricorda il rapporto del Centro studi di viale dell’Astronomia – è in una posizione più delicata visto il suo persistente gap di crescita rispetto all’area euro”. Nonostante ciò, come detto, i problemi non mancano. Legati in particolar modo alle giovani generazioni. Nel 2015, sempre secondo le simulazioni del Centro studi di Confindustria, la perdita di capitale umano dei ragazzi italiani che sono emigrati all’estero è costata almeno 14 miliardi di euro. Una cifra monstre. E a risentire ovviamente è il sistema Paese.

“La scarsa occupazione giovanile abbassa il potenziale di crescita perché conduce all’emigrazione creando un circolo vizioso che è urgente spezzare. Dal 2008 al 2015, periodo in cui il tasso di disoccupazione in Italia è passato dal 6,7% al 11,9%, hanno spostato la residenza all’estero 509mila italiani, di questi circa 260 mila avevano tra i 15 e i 39 anni”, spiega Confindustria. Quindi “il 51% del totale degli immigrati: un’incidenza quasi doppia rispetto a quella della stessa classe di età sulla popolazione”. Considerando che “la spesa familiare per la crescita e l’educazione di un figlio dalla nascita ai 25 anni puo’ essere stimata attorno ai 165 mila euro, è come se l’Italia con l’emigrazione dei giovani in questi anni avesse perso 42,8 miliardi di euro di investimenti in capitale umano”.

Grafico_Confindustria

In sostanza, “l’esportazione di capitale intellettuale oltre a essere una perdita di persone e denaro speso per crescerli e formarle, abbassa il potenziale innovativo del Paese che nel lungo periodo è il motore della produttività”.

Quanto al debito, il risanamento dei conti pubblici è ineludibile, spiega ancora il Centro studi di Confindustria: è fondamentale che l’Italia incanali il debito su un sentiero di rientro, benché più graduale dell’irrealistica e controproducente regola europea del Patto di stabilità sul debito. Per Confindustria, il deficit è previsto in riduzione sul Pil al 2,1% nel 2017 e al 2,3% nel 2018 senza aumento dell’Iva e al netto della manovra. Quest’anno il debito resta al 132,6% del Pil e scende al 131,8% nel 2018.