Condanna confermata con pena aumentata da 9 a 10 anni. La giornata nera per l’ex sottosegretario all’Economia di Forza Italia, Nicola Cosentino, prende la piega peggiore dopo la lettura della sentenza della Corte d’Appello di Napoli. Che ha confermato il verdetto di primo grado nel cosiddetto processo Eco4 in cui l’ex coordinatore regionale del partito di Berlusconi era imputato per concorso esterno in associazione camorristica in relazione alla gestione, ritenuta politico-mafiosa dall’accusa, di un Consorzio che nel Casertano si occupava nei primi anni 2000 di raccolta dei rifiuti.
RIFIUTI LETALI. I magistrati della Procura generale del capoluogo campano – che avevano la condanna a 12 anni – considerano l’ex parlamentare FI referente politico nazionale del clan dei casalesi, con il quale Cosentino avrebbe stretto un patto per ottenere sostegno elettorale in cambio di un contributo ai camorristi. Fra le accuse figurano anche i presunti favori relativi all’appalto vinto nel 1999 dai fratelli Orsi, imprenditori ritenuti vicini al clan Bidognetti.
Ma è la gara indetta dal Ce4, il consorzio di 20 Comuni del Casertano che si occupava del ciclo dei rifiuti, su cui si incentra il processo. Secondo i pm, sarebbe stato proprio l’ex sottosegretario a permettere ai fratelli Orsi di associarsi al consorzio stesso creando la società mista Eco4 che ottenne poi affidamenti diretti. Ma mentre in primo grado Cosentino è stato riconosciuto “referente nazionale del clan dei Casalesi” almeno fino al 2004, la Dda di Napoli ha presentato appello sostenendo che l’appoggio dell’ex deputato FI al clan si sarebbe protratto almeno fino al 2007-2008.
Di qui la richiesta di una pena superiore rispetto a quella comminata in primo grado. Un processo, quello a Cosentino, basato anche sulle parole di alcuni collaboratori di giustizia. Stando alle accuse, Cosentino sarebbe stato il vero dominus del Ce4, utilizzato dall’ex sottosegretario per assunzioni clientelari nei periodi pre-elettorali, per influenzare il risultato di diverse elezioni, specie nei Comuni rientranti nel bacino del consorzio. Il tutto nella consapevolezza – secondo i pm – che i fratelli Orsi fossero vicini ai clan.
PAROLA ALLA DIFESA. “Credo che sia una sentenza profondamente sbagliata perché sono convinto che Cosentino sia assolutamente innocente – spiega l’avvocato, Agostino De Caro, che difende con Stefano Montone ed Elena Lepre l’ex sottosegretario del Pdl -. Aspettiamo di leggere le motivazioni per impugnarle”. I magistrati d’apello hanno condiviso l’impostazione dell’accusa: in primo grado Cosentino fu riconosciuto come il “referente nazionale del clan dei Casalesi”, almeno fino al 2004, così come ipotizzato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli.
Dopo la sentenza di primo grado, nonostante i nove anni inflitti, la Dda ha presentato comunque appello ritenendo che l’appoggio di Cosentino al clan fosse andato avanti anche oltre il 2004, collegandosi alle condotte contestate in altre due indagini di mafia che coinvolsero successivamente Cosentino: le inchieste “Principe e la Ballerina e Carburanti. Nei processi scaturiti dalle due indagini, l’ex sottosegretario era stato condannato in primo grado ma successivamente assolto, in entrambi i casi, in Appello. Per Eco4, invece, le cose sono andate diversamente. Anche grazie al fatto che la riforma della giustizia della ministra Marta Cartabia non è ancora entrata in vigore. Diversamente, il processo sarebbe già morto.