La parola d’ordine nel centrodestra, dopo la batosta in Sardegna con la sconfitta del candidato meloniano Paolo Truzzu, è stata “minimizzare”. Si è trattato di un voto locale che non ha avuto e non avrà impatti sul governo, il mantra. Un’affermazione e una parola d’ordine smentite dagli strascichi velenosi che hanno portato i leghisti ad accusare la premier di aver sbagliato candidato sull’isola e la stessa Giorgia Meloni a nutrire sospetti sul voto disgiunto da parte degli uomini di Matteo Salvini che avrebbe penalizzato Truzzu.
Dopo Truzzu, un’altra sconfitta avrebbe effetti pesanti nella coalizione
Che il voto in Sardegna non fosse locale ce lo dice il fatto che a chiudere la campagna elettorale del sindaco di Cagliari fossero calati da Roma tutti i leader delle destre. Lo stesso si può dire per le elezioni che si terranno in Abruzzo. Che non si tratti neanche in questo caso di una competizione locale ma politica ce lo ha confermato la presenza martedì scorso a Pescara dei leader del centrodestra. Con Meloni, Salvini e Tajani anche Lorenzo Cesa e Maurizio Lupi per sostenere il loro candidato Marco Marsilio, governatore uscente.
E ce lo ha confermato anche la sfilata dei ministri, con le loro promesse mirabolanti, che c’è stata in questi giorni in Abruzzo. La verità è che le destre, benché continuino a ostentare sicumera, hanno una fifa blu. E dopo il voto sardo temono il cosiddetto effetto domino. Meloni poi si gioca l’osso del collo in Abruzzo. Se dopo Truzzu perdesse anche Marsilio, altro suo fedelissimo, si aprirebbe una resa dei conti a destra. Ricordiamo che in gioco c’è sempre il terzo mandato a cui è appeso il destino del governatore leghista della Regione Veneto, Luca Zaia.
Il governo teme la slavina. Ma stavolta non basterà dire che era solo un voto locale
FdI e Forza Italia sono contrari a concederlo anche perché sul Veneto Meloni ha messo gli occhi. Certamente, se dovesse sbattere contro il muro anche il secondo candidato meloniano si riaprirebbe la questione. Veleni potrebbero poi riflettersi sul percorso dell’Autonomia differenziata in Parlamento cara alla Lega che potrebbe però restituire la pariglia a FdI sul premierato. Che Meloni e i suoi abbiano paura ce lo dice anche il fatto che continuano a mettere le mani avanti sostenendo che il vero banco di prova saranno le europee.
“A prescindere da quello che succede in Abruzzo il governo va avanti lo stesso. L’appuntamento più importante è quello delle europee”, ha detto il ministro Luca Ciriani ieri. Solo qualche giorno prima Meloni a Pescara aveva detto che “il vero timore” di tutti sono le europee. Paura, eh?