Se Giorgia Meloni fosse ancora all’opposizione e non a Palazzo Chigi molto probabilmente la frase che userebbe più spesso sarebbe, “Ma che? Ce stai a provà?”. Da quando è al governo, è invece proprio il centrodestra da lei guidato che “ce sta a provà”, infilando nei decreti legge, di cui sta facendo largo uso (sono già venticinque), norme che nulla hanno a che fare con lo stesso decreto.
Il trucco dei decreti omnibus ha infastidito il presidente della Repubblica Sergio Mattarella
Il trucco dei decreti omnibus ha infastidito il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, stando a indiscrezioni pubblicate dal quotidiano La Stampa, avrebbe chiamato a rapporto, in “maniera informale”, i presidenti di Camera e Senato, Lorenzo Fontana (Lega) e Ignazio La Russa (Fratelli d’ Italia). Nell’incontro l’inquilino del Colle avrebbe sollecitato seconda e terza carico dello Stato a non ammettere emendamenti del tutto estranei alle materie dei provvedimenti urgenti.
Alla fine dell’iter, quando deve firmare per la promulgazione, il presidente della Repubblica si ritrova, infatti, un testo irriconoscibile, completamente diverso da quello che aveva autorizzato il governo a presentare. Ed è costretto a rinviare il testo, come quando, non più tardi di due settimane fa, nel cosiddetto “decreto bollette” Mattarella rilevò la presenza di alcune norme disomogenee (estranee cioè all’impianto del decreto stesso), tra cui una norma che avrebbe impedito ai parlamentari l’ingresso nelle carceri senza preavviso.
Il Capo dello Stato non ha titolo per intervenire sui lavori del Parlamento, per cui avrebbe esercitato una moral suasion su La Russa e Fontana per sollecitarli, com’è nelle loro prerogative, a prendere l’iniziativa contro l’ammissibilità di quegli emendamenti che trasformano le norme in decreti omnibus. Sono infatti gli emendamenti parlamentari lo strumento per far passare questioni estranee all’impianto dei decreti, uno strumento di cui la stessa maggioranza si avvale in modo sistematico, a volte d’accordo con l’esecutivo, per soddisfare le più svariate istanze.
Le statistiche elaborate dal sito Openpolis parlano chiaro: il governo Meloni ha emesso 25 decreti in 6 mesi. Nello stesso periodo sono state approvate solamente 5 leggi ordinarie. L’attuale esecutivo presenta il dato più alto di decreti legge pubblicati in media al mese (4,17) tra i governi delle ultime 4 legislature. Openpolis rileva anche che “in molti casi il governo ricorre ai decreti legge per ridurre al minimo le discussioni e approvare i provvedimenti così come deliberati in Consiglio dei ministri”.
E in molte occasioni il centrodestra non solo “ci ha provato”, ma è riuscito a far passare norme fuori contesto. Qualche esempio? Il cosiddetto “decreto rave”, che, oltre a introdurre una stretta a contrasto dei raduni illegali, ha previsto nuove norme anche in tema di detenuti, oltre al reintegro del personale sanitario non vaccinato e il decreto 169/2022 che oltre a prorogare la partecipazione dell’Italia alle iniziative della Nato ha disposto la proroga del commissariamento del sistema sanitario calabrese.
L’urgenza a volte è solo politica e non legata a situazioni di emergenza (è successo con il decreto lavoro emanato prima delle ultime amministrative). Se per i provvedimenti più urgenti la pubblicazione è avvenuta nell’arco di massimo 24/48 ore, in 8 casi, rileva Openpolis, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è avvenuta con più di una settimana di ritardo. Un lasso di tempo in cui può accadere che le discussioni sul testo del decreto proseguano e che la versione definitiva sia diversa da quella che ha ricevuto l’approvazione.