di Marco Castoro
Era stato presentato come lo speciale degli speciali. Soprattutto perché si aprivano al grande pubblico le porte delle segrete stanze di Arcore. Con l’aggiunta che a farlo erano i cerimonieri del Biscione e non quei pm che da anni stanno cercando di sviscerare tutto (e il contrario di tutto) su Ruby, le olgettine e il bunga bunga. E neanche quei giornali ostili al Cavaliere, capaci di perseguitarlo per mesi con domande senza una risposta. Il battage messo in scena era stato preparato con molta cura. I venditori hanno suonato la grancassa per giorni, al grido: “Per la prima volta il pubblico potrà vedere la sala delle cene e la taverna di Arcore su cui tanto si è fantasticato. Ascoltare le registrazioni originali delle testimonianze del processo Ruby. Rivivere minuto per minuto la notte del fermo in questura di Karima El Mahroug attraverso le dichiarazioni in sonoro dei funzionari e dei pubblici ministeri in servizio quella sera”. Neanche un’imbonitrice del calibro di Vanna Marchi avrebbe potuto confezionare un pacchetto migliore.
Disinteresse
Eppure alla gente è fregato poco più di nulla di Arcore, Ruby e del bunga bunga. Nonostante gli sforzi redazionali dei giornalisti di Mediaset nel confezionare lo speciale, a rimanere davanti al televisore sono stati meno di un milione e mezzo di telespettatori. In una prima serata domenicale su cui Canale 5 aveva puntato molto. La guerra dei vent’anni: Ruby, ultimo atto, la prima ricostruzione televisiva del caso di cronaca giudiziaria che da tre anni divide l’Italia, ha appassionato appena il 5,88% dello share. In pratica meno di sei spettatori su 100. Così pochi? Ma come, perfino il Times ieri ha pubblicato le foto della taverna di Arcore? Non stiamo forse parlando di un caso giudiziario che ha riempito pagine e pagine di giornali, italiani ed esteri? Che ha fatto spendere soldi e tempo a magistrati e avvocati per le udienze? Che ha tolto anni di serenità all’imputato e al suo staff? Sulla vicenda sono stati consumati chilometri di carta per esposti e memorie difensive. La gente è scesa in piazza in difesa dell’imputato e contro la giustizia. Ma nello spesso tempo ha scatenato l’associazione dei magistrati in difesa dei pm. Tutti, l’uno contro l’altro armato, con un unico obiettivo: vincere la madre di tutte le battaglie che difendono la libertà. Del cittadino e dei magistrati. Quella libertà contesa, messa in discussione e tirata per la giacchetta da più parti. Tutte componenti che fanno della questione Ruby una vera guerra, come giustamente sottolineava il titolo dello speciale di Canale 5.
Gli ascolti
Ma de che? Direbbero a Roma. La gente non ne può più di queste storie. Ne è la riprova il dato degli ascolti tv. Non solo quello del 5,8% che rappresenta la media, un risultato ridicolo per una prima serata di Canale 5, ma se si guarda il target commerciale (15-64 anni) l’esito è ancora peggiore: 4,7%. La metà dei telespettatori che ha visto la puntata di Report su Raitre o il telefilm americano su Raidue. E addirittura un terzo del pubblico sintonizzato sulle Iene di Italia 1. Dati televisivi alla mano siamo alla pari con La Tierra de Lobos di Retequattro. Ma sempre con i dati alla mano possiamo dire più che mai che siamo ancora la terra dei cachi.