Il verdetto di Bruxelles è arrivato. La Commissione Ue ha deciso di non avviare la procedura per debito eccessivo nei confronti dell’Italia. A rendere nota la decisione sono stati il vicepresidente della stessa Commissione, responsabile per l’euro, Valdis Dombrovskis, e il commissario agli affari economici Pierre Moscovici. “E’ una vittoria del dialogo politico – ha detto Dombrovskis – che la Commissione ha preferito rispetto allo scontro. Alcuni avevano auspicato una crisi, noi invece abbiamo sempre puntato a una soluzione”
“La soluzione sul tavolo non è ideale, non dà una soluzione a lungo termine per i problemi economici italiani, ma ci consente di evitare per ora di aprire una procedura per debito, posto che le misure negoziate siano attuate pienamente”, ha detto ancora Dombrovskis. “Le misure addizionali trovate dall’Italia – ha aggiunto – ammontano a 10,25 miliardi”.
La Commissione, ha detto ancora il vicepresidente, monitorerà l’approvazione in Parlamento delle misure negoziate, e “se qualcosa va male, possiamo tornare sulla questione a gennaio”, perché “la scadenza per l’Ecofin per decidere sulla procedura è sempre febbraio”. “Su questo – ha detto ancora Dombrovskis – siamo stati molto chiari nella risposta all’Italia”.
Per il 2020, di 12,2 miliardi di misure, 9,4 miliardi sono clausole di salvaguardia, su cui l’Italia confida “molto”, mentre Bruxelles ha constatato in passato che la clausola sull’aumento dell’Iva “l’Italia non l’ha attivata, e se questo non accade nemmeno stavolta, dovrà trovare risorse altrove”. L’accordo raggiunto tra Roma e Bruxelles prevede anche la revisione della crescita del Pil che passa dall’1,5 all’1%.
“Abbiamo salvaguardato la nostra impostazione di manovra di bilancio e non abbiamo ceduto nei contenuti certi degli effetti virtuosi che nel medio periodo avrebbe portato la manovra”, ha detto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nel corso del suo intervento sulla manovra al Senato. “In queste settimane – ha aggiunto il premier – abbiamo lavorato per avvicinare le posizioni senza mai arretrare rispetto agli obiettivi che ci hanno dato gli italiani con il voto del 4 marzo”.
“Desidero esprimere un sentito ringraziamento a tutti voi – ha aggiunto Conte nel corso del suo intervento nell’Aula del Senato -, di maggioranza e di opposizione, per la comprensione di questi giorni durante i quali l’iter della manovra ha proceduto con lentezza scontando ritardo con tempi previsti. Rinvii non causati da incertezze interne al governo: il rallentamento è stata l’inevitabile compressione a causa complessa interlocuzione con l’Ue alla quale abbiamo dedicato le nostre più risolute energie e impegno”.
“La commissione Ue – ha detto ancora il presidente del Consiglio – ha espresso le proprie riserve preannunciando l’avvio di una procedura d’infrazione per disavanzo eccessivo: si profilava così una prospettiva che andava evitata. Abbiamo lavorato con la massima determinazione per evitarla, dialogando a più riprese con presidente e componenti della commissione ma anche con capi di Stato e di governo dei Paesi al fine di mostrare il più ampio disegno riformatore e persuaderli dell’opportunità di giungere, nel reciproco interesse, a una soluzione”.
“Quando il 21 novembre scorso la commissione ha formalizzato le sue riserve – ha aggiunto Conte – mi sono assunto l’onere e la responsabilità di riannodare il dialogo affinché non fosse compromesso il processo riformatore avviato da questo governo”.
“La stima economico finanziaria delle misure che avevano maggiormente attirato l’attenzione dei nostri interlocutori europei – ha continuato il premier riferendosi a pensioni e reddito di cittadinanza -, che ha richiesto tempo, ha rilevato che le risorse sono inferiori a quelle previste. Ciò ha permesso di ridurre il disavanzo dal 2,4% a circa il 2,04% senza modificare né i contenuti, né la platea, né i tempi di realizzazione delle due misure. Partiranno nei tempi che avevamo previsto”.
“Nella lettera alla commissione europea – ha aggiunto Conte – oltre a nuove quantificazioni ho rilevato che le modifiche dovranno tenere conto dell’evoluzione del quadro macroeconomico e del suo peggioramento dovuto al rallentamento in particolare del commercio internazionale. Il rallentamento del ciclo porta il Pil all’1% per l’anno prossimo, una variazione che si ripercuote, per alcuni versi anche positivamente, sui saldi di bilancio e sul saldo strutturale”.