Il via libera del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alla Commissione d’inchiesta sulle banche passa per l’accordo con i presidenti delle Camere, Maria Elisabetta Alberti Casellati e Roberto Fico, di garantire che le delicate informazioni che saranno svelate in quella sede non diventino uno strumento di lotta politica in grado di creare turbolenza sui mercati internazionali penalizzando il Paese. In una parola, che la commissione non si trasformi in un processo al sistema bancario e alle autorità di vigilanza.
E in quest’ottica, la scelta del presidente appare tutt’altro che secondaria. Non che la seconda e la terza carica dello Stato abbiano il potere di intervenire su una scelta che spetta ai membri della Commissione. Ma tocca ai presidenti di Camera e Senato designare i 20 deputati e i 20 senatori che andranno a comporre l’organismo bicamerale voluto da Lega e M5S – e che a loro volta eleggeranno il presidente a scrutinio segreto – per indagare sul sistema bancario e fare chiarezza sui fallimenti che hanno colpito gli istituti di credito italiani negli ultimi anni.
Eppure, dopo giorni di malumori, soprattutto tra i Cinque Stelle, per la mancata promulgazione della legge istitutiva della commissione Banche da parte del Capo dello Stato, la schiarita di ieri, con il via libera del Colle, non ha fermato le polemiche proprio sulla presidenza dell’organismo bicamerale. Carica che in base ad un’intesa nella maggioranza dovrebbe andare al grillino Gianluigi Paragone. Ma proprio ieri, nei corridoi di Camera e Senato, circolava un’alternativa: il nome dell’attuale vice presidente del Senato, il leghista Roberto Calderoli.
Indiscrezioni che hanno costretto i Cinque Stelle a prendere posizione: “Nessun passo indietro del Movimento rispetto al nome che indicherà per la presidenza della commissione d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario: la volontà resta quella di indicare il senatore Paragone”. Sottolineando che “non ci sono motivi di alcun genere per fare un passo indietro”. Sebbene, però, prendendo atto che “l’indicazione della presidenza (della Commissione Banche, ndr) resta appannaggio dei componenti che verranno nominati nella commissione: il presidente è importante ma i componenti lo sono forse anche di più”.
Quel che è certo che il capo dello Stato, nel promulgare la legge istitutiva dell’organismo bicamerale d’inchiesta, ha inviato ai presidenti delle Camere una lunga lettera per sottolineare che “l’ambito dei compiti attribuiti alla Commissione non riguarda l’accertamento di vicende e comportamenti che hanno provocato crisi di istituti bancari o la verifica delle iniziative assunte per farvi fronte, ma concerne tutte le banche, anche quelle non coinvolte nella crisi e che svolgono con regolarità la propria attività”. E non è tutto.
Il rischio che Mattarella vuole scongiurare è che, i membri della commissione “possano, anche involontariamente, condizionare, direttamente o indirettamente, le banche nell’esercizio del credito, nell’erogazione di finanziamenti o di mutui”. Eventualità che “si colloca decisamente al di fuori dei criteri che ispirano le norme della Costituzione”. Certo, è possibile, che l’operato delle varie Autorità di Vigilanza “sia oggetto di inchiesta parlamentare”. Ma occorre evitare, avverte il Colle, “il rischio che il ruolo della commissione finisca con il sovrapporsi all’esercizio dei compiti propri di Banca d’Italia, Consob, Ivass, Covip, Banca Centrale Europea”. Urtando “con il loro carattere di Autorità indipendenti”, sancito, da norme vincolanti dell’ordinamento italiano e da disposizioni dell’Ue. Provocando, è il timore di Mattarella, “grande incertezza tra gli operatori sottoposti a vigilanza su quale sia l’organismo cui fare riferimento e quali le indicazioni da osservare”.