L’ultimo atto dello sgretolamento di Matteo Salvini è l’annuncio che dopo le elezioni europee si terranno i congressi regionali del partito a partire dall’estate per arrivare al congresso federale in autunno. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti non avrebbe mai voluto aprire uno spiraglio sulla stagione congressuale, ancora di più in un momento di enorme difficoltà con i pessimi risultati alle regionali sarde e abruzzesi e con le prossime elezioni europee che rischiano di essere il sasso che scatenerà la frana.
Una brutta piega per Salvini
In una nota il partito specifica che la squadra è compatta al fianco del segretario Salvini: “Tutti i Capigruppo (tra Europa e Italia), un ministro, un governatore e un sindaco lavoreranno insieme per il programma in vista delle europee. Salvini ha ribadito che la Lega è alternativa ai socialisti, sinistre e Ursula von der Leyen”. E poi: “Per un risultato a doppia cifra, il leader desidera liste forti e aperte”.
In realtà il direttorio formato da Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari, il ministro Giancarlo Giorgetti e, infine, il governatore del Friuli Venezia-Giulia Massimiliano Fedriga è già un mezzo commissariamento. Tra questi solo Romeo è nel cerchio dei fedelissimi al segretario leghista. Molinari, il capogruppo alla Camera, ultimamente sta prendendo le distanze dal segretario e rientra con Luca Zaia nella schiera dei critici dell’appuntamento di oggi in cui la Lega ospiterà a Roma i partiti dell’ultradestra europea.
Delle frizioni tra il vice premier e il suo ministro Giorgetti si sa ormai da tempo mentre Fedriga viene indicato da più parti come il sostituto naturale di Salvini a capo del partito, gli manca solo il deciso via libera di Zaia. A proposito del governatore veneto l’altro ieri quasi a notte fonda è stato lui a parlare chiaro e tondo con l’ex capitano in caduta libera.
“Eventi come quello di sabato ci fanno solo perdere voti”, ha detto Zaia prendendosi la responsabilità di dire quello che molti pensano pur tacendo. Intanto a un mese dalla presentazione delle liste per le elezioni europee si studia la strategia per l’eventualità di incassare il no del generale Roberto Vannacci. “Tante idee che Vannacci ha espresso non sono condivise da una parte della base – ha spiegato Romeo – e non le condivido neanche io in alcuni contesti. Ma al di là di questo lui ha avuto il coraggio di difendere la libertà di pensiero nel mondo del politicamente corretto. In un partito come la Lega, che difende tutte le libertà, ci può stare la sua candidatura”.
Si rivedono le ramazze
Chi sta vicino al generale al contrario dice che sarebbe proprio Vannacci a non essere convinto di imbarcarsi in un partito in piena tempesta, per di più malvoluto preventivamente da un pezzo dei suoi dirigenti. “Stiamo compatti ora e arriviamo al 10 per cento”, ha detto Salvini ai suoi ma ormai l’accerchiamento è nei fatti oltre che nelle intenzioni.
Tra le decisioni del consiglio federale c’è anche un direttorio composto dai capigruppo, dal presidente della Camera Lorenzo Fontana e Giorgetti con cui il segretario dovrà condividere le decisioni sul programma per le prossime europee. Anche questo è un segnale che non lascia spazio a troppe interpretazioni: il vice premier non è più l’uomo solo al comando dell’Italia e non lo è nemmeno dentro il suo partito. La “responsabilità collegiale” è il viatico per lo sfratto dalla poltrona di leader. Forse questa volta non ci saranno le ramazze come avvenne con Umberto Bossi ma la smania di cambiare è la stessa.