È iniziato ieri a Bruxelles il percorso delle audizioni parlamentari per la nuova Commissione europea e il copione per ora non sembra riservare colpi di scena. Malta, Slovacchia, Grecia e Lussemburgo: i primi candidati auditi ieri — Glenn Micallef, Maroš Šefčovič, Apostolos Tzitzikostas e Christophe Hansen — sembrano già pronti a varcare la soglia dell’approvazione, grazie al sostegno dei grandi gruppi Ppe, S&D e Ecr. Una promozione quasi garantita, che sottolinea come il Parlamento appaia riluttante a bocciare le scelte di Ursula von der Leyen. Una conferma di come il dibattito sull’Europa possa restare prevedibilmente piatto, mentre dietro le quinte i compromessi hanno già sigillato i destini.
Audizioni senza sorprese: un copione già scritto
Le prime audizioni sono state segnate più da qualche “momento fuori copione” che da una reale tensione. C’è Hansen che, forse per un lapsus freudiano, dice “contadino” invece di “padre”. Micallef risponde in maltese su una questione di multilinguismo, un piccolo dettaglio che rende evidente l’importanza delle diversità culturali nell’Unione. E Tzitzikostas si trova a dover gestire un’interruzione da parte di un deputato greco che distribuisce volantini sull’incidente ferroviario di Tempi, una tragedia che ha segnato profondamente la Grecia lo scorso anno.
Oggi la scena cambia: sei nuovi candidati varcheranno la soglia del Parlamento per difendere il proprio ruolo. Tra questi, uno dei più attesi è l’austriaco Magnus Brunner, pronto ad affrontare l’incandescente questione della migrazione, un argomento che ha già messo in tensione l’alleanza fragile tra popolari e socialisti. In agenda ci sono anche le audizioni di Michael McGrath, Ekaterina Zaharieva, Dubravka Šuica, Dan Jørgensen e Jessica Roswall. Ogni commissario si sottopone alla verifica consapevole che il sostegno dei partiti maggioritari è fondamentale per navigare in un mare agitato di dichiarazioni e posizioni inconciliabili.
Tensioni sotto traccia: tra Fitto e i diritti delle eurodeputate
Se i primi nomi hanno superato l’esame senza scosse, l’attenzione ora si sposta sui socialisti, in cerca di una posizione che li renda meno osservatori e più protagonisti della scena. I socialisti francesi, capitanati da Raphaël Glucksmann, minacciano di bocciare l’intera Commissione se von der Leyen non revoca il titolo di vicepresidente esecutivo all’italiano Raffaele Fitto. Una manovra che, secondo Glucksmann, dovrebbe chiarire che non c’è spazio per i populismi di destra nell’UE. Ma la retorica incendiaria sembra trovare meno eco tra gli altri pesi massimi del gruppo. “È importante che ci sbrighiamo a far partire questa nuova Commissione”, sottolinea la socialista tedesca Katarina Barley, quasi a voler abbassare i toni di un potenziale scontro che rischia di sfaldare il fronte progressista.
Un altro dettaglio che accende il dibattito è che Fitto nel 2019 si era opposto alla Commissione von der Leyen. Come ricostruito da Euronews all’epoca dei fatti “l’intera pattuglia di FdI a Strasburgo, incluso Fitto, votò poi contro la fiducia alla Commissione von der Leyen I nel suo complesso a novembre (dunque Gentiloni compreso), dopo aver già votato “no” nel luglio precedente all’insediamento della popolare tedesca come presidente dell’esecutivo comunitario”. Oggi, ironia della sorte, Fitto cerca di rientrare dalla porta principale come vicepresidente, segno che in politica, a volte, i cerchi si chiudono in modi imprevedibili. A complicare il tutto, ci sono le richieste delle eurodeputate che chiedono il diritto di partecipare alle sedute anche durante il congedo di maternità. Cristina Guarda, dei Verdi italiani, vorrebbe interrogare proprio Fitto, ma la sua richiesta è stata respinta dai leader di gruppo. Un tema che Roberta Metsola, presidente del Parlamento, ha promesso di affrontare, ma che incontra gli ostacoli di una burocrazia che avanza con una lentezza esasperante.
Per questo gli sguardi sono puntati su martedì prossimo, quando gli executive vice president dovranno affrontare l’aula. La previsione tra gli analisti è che passeranno senza sorprese ma rimane aperta la possibilità di un vero colpo di scena, almeno da parte dei socialisti che, tra l’atteggiamento battagliero della delegazione francese e la cautela tedesca, potrebbero essere tentati di trasformare una ratifica di routine in un campo di battaglia per affermare la propria identità.