Combustibili fossili, 900 incontri in 4 anni a Bruxelles tra lobbisti e decisori Ue

Transparency International e Fossil Free Politics svelano i quasi 900 incontri in 4 anni tra Commissione Ue e lobby fossili.

Combustibili fossili, 900 incontri in 4 anni a Bruxelles tra lobbisti e decisori Ue

Potrebbe essere l’inizio di una barzelletta: “Sapete quante volte si sono incontrati la Commissione europea e i lobbisti dei combustibili fossili durante l’ultimo mandato?”. Peccato che la risposta non faccia ridere per niente: quasi 900 volte in poco più di 4 anni. Praticamente ogni santo giorno lavorativo.

A rivelarlo sono due rapporti pubblicati da Transparency International e Fossil Free Politics, che hanno setacciato con pazienza certosina gli incontri ad alto livello tra i commissari Ue e i rappresentanti dell’industria fossile dal 2019 al 2024. Il risultato è un valzer frenetico fatto di strette di mano, porte girevoli e sussurri nei corridoi di Bruxelles.

Il valzer dei petrolieri: un ballo quasi quotidiano

La Shell, colosso anglo-olandese del petrolio, si è aggiudicata la palma d’oro con ben 46 incontri. Un’assiduità che farebbe invidia a molti matrimoni. Subito dietro troviamo le altre “Sette Sorelle” del settore: Eni, Total, Equinor, ExxonMobil, BP e Chevron. Una vera e propria parata di giganti.

Ma non finisce qui. Perché oltre agli incontri diretti, l’industria fossile può contare su una rete di oltre 50 organizzazioni affiliate, con un budget di lobbying complessivo di 64 milioni di euro all’anno. Una potenza di fuoco impressionante, che ha permesso di moltiplicare gli “agganci” con i decisori europei.

I rapporti rivelano inoltre che l’influenza dell’industria fossile si è intensificata dopo l’invasione russa dell’Ucraina. La Commissaria Simson ha aumentato del 50% la frequenza degli incontri con le compagnie fossili in questo periodo, passando da una media di 0,4 incontri a settimana prima dell’invasione a 0,6 dopo. Anche la presidente von der Leyen, che prima dell’invasione aveva avuto un solo incontro con l’industria fossile, ne ha poi avuti altri sette in rapida successione, di cui tre con Shell e due con Equinor, tutti incentrati sulla crisi energetica.

I rapporti mettono in luce anche il ruolo delle associazioni di categoria e dei gruppi di pressione nel moltiplicare l’influenza dell’industria fossile. Organizzazioni come BusinessEurope, l’Associazione Internazionale dei Produttori di Petrolio e Gas (IOGP) e Hydrogen Europe hanno avuto decine di incontri con i vertici della Commissione, spesso promuovendo gli interessi dei loro membri appartenenti all’industria fossile.

Particolarmente preoccupante è la presenza di rappresentanti dell’industria fossile nei consigli di amministrazione di queste organizzazioni lobbistiche. Shell e Total, per esempio, hanno ciascuna nove dipendenti in posizioni chiave all’interno di queste reti, garantendo loro un’influenza sproporzionata sulle politiche energetiche e climatiche dell’Ue.

L’idrogeno grigio: il cavallo di Troia dell’industria dei combustibili fossili

Il tema più gettonato? L’idrogeno, nuovo mantra della transizione energetica. Peccato che, come ricordano i rapporti, il 99% dell’idrogeno prodotto oggi sia “grigio”, ovvero derivato da combustibili fossili. Un cavallo di Troia per perpetuare il business as usual mascherandolo da svolta green.

La Commissaria all’Energia Kadri Simson si è rivelata la più ricercata, con 116 incontri. Seguita a ruota dall’ex Commissario al Green Deal Frans Timmermans (105) e dall’attuale titolare Maroš Šefčovič (40). Un vero e proprio assedio ai vertici della politica energetica e climatica europea.

I rapporti sottolineano come l’industria abbia spinto per soluzioni false come la cattura e lo stoccaggio del carbonio (Ccs) e l’idrogeno “blu”. Nel frattempo, le parti più progressive del Green Deal, come le restrizioni sui pesticidi e le regole sulla protezione della natura, sono state silenziosamente accantonate.

Un altro dato allarmante riguarda la presenza dell’industria fossile alle conferenze sul clima delle Nazioni Unite (COP). I rapporti evidenziano che molte delle organizzazioni che fanno lobbying a Bruxelles sono anche presenti a questi eventi cruciali. In particolare, il numero di lobbisti dell’industria fossile è aumentato del 286% tra COP27 e COP28, dimostrando come l’influenza del settore si estenda ben oltre i confini dell’Unione Europea.

Combustibili fossili, influenza pervasiva e sistematica

Certo, qualcuno obietterà che è normale che l’industria venga consultata su temi così cruciali. Ma qui non parliamo di semplici consultazioni. Stiamo parlando di un’influenza pervasiva e sistematica, che rischia di minare alla base gli sforzi per contrastare la crisi climatica.

Come sottolineano i rapporti, l’industria fossile ha una lunga storia di negazione, ritardi e sabotaggio delle politiche climatiche eppure continua ad avere un accesso privilegiato ai tavoli che contano.

Non è un caso se Transparency International e Fossil Free Politics chiedono a gran voce l’introduzione di un “firewall” tra lobbisti fossili e decisori politici, sul modello di quanto fatto per l’industria del tabacco. Una misura drastica ma necessaria se si vuole davvero mettere al centro l’interesse collettivo e non i profitti di pochi.

La nuova Commissione dovrebbe avere il compito cruciale di raddrizzare la barra. Servirebbe coraggio per chiudere le porte alla sirena dei combustibili fossili e puntare con decisione su un’economia realmente sostenibile. Le gesta della prima Commissione von der Leyen non lasciano presagire nulla di buono.