di Graziano Bertini
Non è solo la crisi economica a distruggere le imprese. A volte anche la magistratura può rovinare un’azienda, a colpi di sequestri immotivati. Quando poi, anni dopo, arriva l’assoluzione con tante scuse – ma spesso nell’assoluta indifferenza – centinaia di impiegati sono già stati licenziati e l’imprenditore nel mirino dei giudici è finito sul lastrico. Questa è la storia di Lorenzo Maiolica, fino al 2003 titolare di un gruppo di distribuzione agroalimentare nel salernitano, forte di 300 dipendenti. Una società in ascesa, prima che l’uomo e la sua famiglia incappassero in un’assurda vicenda che ha portato la loro azienda alla bancarotta. I terreni sui quali avrebbero voluto attrezzare la nuova sede della ditta, infatti, secondo la procura di Salerno erano frutto di lottizzazione abusiva. Dieci anni nelle aule La storia inizia nel 2003. All’epoca il centro di distribuzione della famiglia Maiolica vanta una trentina di punti vendita, 300 dipendenti e un fatturato annuo di circa 80 milioni di euro. Così gli imprenditori decidono di concentrare tutta la logistica in un’area e il 18 novembre 2003 acquistano 110 mila metri quadrati di terreno nel salernitano. Si tratta di un’area un tempo appartenuta all’Ideal Standard e nella quale avrebbe dovuto essere costruito un parco marino, ad opera della Sea Park. Un progetto poi fallito ma salito agli onori della cronaca per un’inchiesta della magistratura salernitana. Infatti nel mirino della procura finì all’ epoca anche Vincenzo De Luca, l’ex sindaco di Salerno, indagato per truffa e abuso d’ufficio proprio a causa della trasformazione della fabbrica Ideal Standard in un nuovo parco marino. Ed è proprio dalla Sea Park che i Maiolica acquistano il terreno: dieci milioni di euro spesi per poter usufruire dell’area per 42 giorni soltanto. Infatti il 30 dicembre 2003 tutti i terreni appena comprati vengono sequestrati. Un provvedimento, questo, che riguardava i precedenti proprietari ma che invece viene notificato a Lorenzo Maiolica, che da quel giorno e per dieci anni diventa vittima di un’odissea giudiziaria. Nessuno si preoccupa infatti che l’area nel frattempo sia passata di mano. Né si crede alla buona fede dei nuovi acquirenti. L’accanimento Il primo dissequestro dei terreni viene disposto presto: pochi mesi dopo, infatti, la Cassazione accoglie il ricorso dei Maiolica, sostenendo l’inesistenza del reato. Sembrerebbe la fine di un incubo per la famiglia di imprenditori, che ritenendo la loro posizione ormai archiviata, progetta la ripresa dei lavori. Ma la pace dura soltanto pochi giorni: il pubblico ministero Gabriella Nuzzi, titolare dell’indagine, ordina subito un nuovo sequestro d’urgenza. Nuovi sigilli sull’area I Maiolica non si danno per vinti. Ancora una volta fanno ricorso. E ancora una volta vincono. La vicenda potrebbe concludersi qui ma invece neanche questa sentenza riesce a fermare l’implacabile sete di giustizia della procura di Salerno: il pm, infatti, si rivolge direttamente alla Cassazione per presentare ricorso. Respinto. Nel frattempo però Lorenzo Maiolica e suo padre Antonio vengono iscritti nel registro degli indagati. Sempre per lo stesso reato, quello per il quale la Cassazione si è espressa per ben due volte: lottizzazione abusiva. Una serie infinita di udienze dalle quali finalmente la famiglia esce nel maggio 2013, con la sentenza di assoluzione perché “il fatto non sussiste”. Quasi una beffa di fronte a un danno ben più grave: ormai quei 110 mila metri quadrati di terreno non sono più di loro proprietà. Il fallimento “La famiglia aveva acquistato l’area chiedendo un mutuo” spiega l’avvocato Andrea Di Lieto, legale di Lorenzo Maiolica. “Poi, con i terreni bloccati, non hanno più avuto la possibilità di versare le rate alla banca”. Così, in tempi celeri il gruppo degli imprenditori arriva all’insolvenza e al patteggiamento della bancarotta. Un’azienda con centinaia di dipendenti distrutta dall’accanimento di una giustizia ingiusta. Una tragedia di cui questa sentenza di assoluzione rappresenta soltanto la chiusura del primo atto. Perché ora all’orizzonte si prospetta un’altra battaglia. “Siamo in attesa di leggere le motivazioni della sentenza ma i miei clienti sono intenzionati a chiedere un risarcimento. Per il profilo materiale della vicenda ma soprattutto per quello morale” conclude l’avvocato Di Lieto. Eccolo, il classico meccanismo che stritola i deboli negli ingranaggi della legge, assolutamente celere quando si tratta di porre dei vincoli, ad esempio un sequestro, ma lentissima, piena di pastoie burocratiche quando è necessario fare marcia indietro e riconoscere un torto. Come nel caso degli imprenditori Maiolica, costretti ad attendere dieci anni, dal 2003 al 2013, sotto la spada di Damocle di un’inchiesta penale. Un sistema che ha fatto terra bruciata intorno a un imprenditore, che necessariamente vive del rapporto con le banche. Ora padrone del terreno.