Ricercatori e imprese dell’aerospazio di tutto il mondo fanno la fila per lavorare con il Centro Italiano di Ricerca Aerospaziale (CIRA) di Capua. Una struttura con impianti all’avanguardia per realizzare i test necessari a far volare in sicurezza aerei, navicelle e prototipi spaziali, che è un unicum per via del controllo misto tra pubblico e privato (mentre i centri aerospaziali europei sono a controllo interamente pubblico).
Nato nel 1989 per svolgere il programma di ricerche aerospaziali in Italia, il CIRA ha infatti un nocciolo duro composto da ASI 47% e CNR 5%. Quindi c’è la Regione Campania col 16% e infine un 32% circa che è costituito dalle principali imprese private nazionali. Un’eccellenza dell’intero Paese, spiega il presidente Giuseppe Morsillo.
Quali sono i progetti più interessanti su cui state lavorando? Avranno presto applicazioni concrete?
“Fra i principali ritroviamo i contributi ai programmi europei di Clean Sky e di aeronautica non pilotata: i droni. E poi tutto ciò che riguarda le energie pulite. Il CIRA studia nuovi sistemi di propulsione ibrida e di propulsione elettrica, sia per aerei che per velivoli spaziali. Tra i programmi spaziali in senso stretto lavoriamo in particolare su Space Rider, il programma di rientro atmosferico dell’ESA a guida italiana partecipato da altri 8 paesi europei. Il CIRA farà il primo volo prototipale dello Space Rider già nel 2023, con tecnologie proprietarie per quanto riguarda le protezioni termiche. Abbiamo poi tutta una serie di piccoli satelliti che sviluppiamo con le realtà, piccole medie e grandi, del sistema produttivo. Assieme al CNR, stiamo studiando sistemi innovativi di lancio di satelliti da aereo caccia. Infine, sempre con CNR, stiamo sviluppando una piattaforma stratosferica che sarà una delle prima del suo genere. Oggi la stratosfera non è più solo un’area di transito, ma anche di persistenza”.
Vengono aziende da ogni parte del mondo per usare i vostri macchinari e le vostre strutture. Addirittura dagli Stati Uniti. Cosa avete di così unico? Ci racconti…
“Oltre ai laboratori tipici di un centro di ricerca, abbiamo anche dei grandi impianti per le attività di prova. Il primo è il Plasma Wind Tunnel che è una galleria nella quale si riproduce lo stress termico a cui sono sottoposti i corpi al rientro in atmosfera. Qui sono venuti nel 2018 e 2019 gli americani della Sierra Nevada Corporation che stanno realizzando il successore dello Space Shuttle. Questo impianto unico al mondo è in grado di testare i corpi in scala reale, come ad esempio l’intero muso di una navicella spaziale. Il secondo è l’Icing Wind Tunnel, uno stabilimento nel quale si simulano le condizioni alle quali si ghiacciano le ali degli aerei. In questa galleria noi riproduciamo letteralmente le nuvole attraversate dall’aereo e verifichiamo la capacità dei sistemi di resistere alla formazione del ghiaccio. Alla fine dei test rilasciamo i certificati. Fra i nostri principali clienti, oltre agli europei, abbiamo anche cinesi e indiani. L’impianto è saturato per attività fino a larga parte del 2023. Abbiamo quindi eccellenze a livello mondiale riconosciute dal fatto che aziende di ogni parte del mondo vengono presso il nostro Centro, a Capua”.
Il distretto aerospaziale campano cresce… Qual è il ruolo del CIRA nello sviluppo del territorio?
“Un Centro come il nostro è una straordinaria opportunità per lo sviluppo del territorio, per l’indotto che può realizzare e che già realizza da lungo tempo. Con molte imprese locali queste abbiamo realizzato una serie di prodotti significativi sia per l’aeronautica, sia per lo spazio. Ci sono importanti prospettive di crescita che dovrebbero aprire alla creazione di nuovi incubatori. Grazie alla prossimità con l’aeroporto di Capua il territorio può cogliere una serie di opportunità: centri infrastrutturali per i test di prova e centri operativi a supporto della navigazione aerea avanzata. Con advanced air mobility si intende il trasporto di cose e poi di persone tramite droni, avvalendosi dei segnali della navigazione satellitare. Contiamo di sviluppare una serie di prototipi e di voli dimostrativi nel nostro territorio e auspichiamo che intorno in quest’area si possa anche realizzare il centro di controllo nazionale per i voli che utilizzano queste tecnologie”.
Qual è il futuro del CIRA?
“Il futuro del CIRA sarà possibile grazie al finanziamento pubblico che è stato rinnovato nel 2020, attraverso il nuovo ciclo del programma di ricerca aerospaziale, ma anche grazie alla crescita di ricavi da parte terza. Abbiamo chiuso il 2018 con un 24% di ricavi da parte terza e sfioreremo il 40% nel 2022. Il Centro ha avuto la capacità di affermarsi a livello internazionale e nel giro di un lustro potrebbe circa raddoppiare l’incidenza del mercato sul proprio fatturato. I ritorni che prevediamo sono soprattutto per il pubblico che ha investito in questa ricerca. – Perché continuare a investire nella ricerca aerospaziale? Investire nella ricerca aerospaziale ci aiuta a preparare il futuro. Se noi immaginiamo un futuro in cui gli spostamenti aerei, anche per piccole distanze, verranno fatti tramite i droni che affiancheranno il trasporto su nave, rotaia e ruota in una logica di mobilità integrata eco compatibile e sostenibile, ecco allora che capiamo quanto è importante essere all’avanguardia fin da ora in questo settore. Vuol dire anche investire in competitività delle nostre imprese, in servizi. Se verranno confermate le risorse per il programma di ricerca aerospaziale già oggetto di decreto, e rinnovato il contributo integrativo al fondo di gestione per le attività ordinarie, con l’effetto moltiplicatore contiamo di poter aumentare il fatturato da 42 a 55 milioni di euro in un biennio”.
Avete tanti ricercatori, ma pochi giovani. State pensando a una “campagna acquisti” per giovani talenti?
“Abbiamo un team di 220 ricercatori e 60 tecnici, supportati da una sessantina di risorse amministrative. L’età media del centro è di 50,2 anni a fine 2020. Abbiamo intenzione di intervenire e inizieremo con assunzioni a tempo determinato in modo da poter affrontare nuovi programmi. C’è bisogno di un piano di assunzioni per portare nuova linfa e nuove discipline per contaminare il Centro. Questo è proprio uno degli obbiettivi dei programmi comunitari che hanno messo lo spazio all’interno di un cluster di tecnologie assieme all’intelligenza artificiale e all’informatica. Noi con la robotica, i big data e la ricerca aerospaziale siamo un cantiere naturale per queste sperimentazioni”.
Cosa suggerirebbe a un ambizioso neolaureato in materie scientifiche? È meglio andare all’estero?
“Un giovane interessato in materie scientifiche può dedicarsi agli studi d’ingegneria con potenziale applicazione all’aerospaziale perché questo settore è in significativa crescita e può rispondere appieno alle esigenze occupazionali. In termini di retribuzione siamo meno competitivi di certe realtà del Centro e del Nord Europa. Però c’è spazio da noi, ci sono prospettive solide di crescita”.
Quasi sono le prospettive per il settore spaziale in Europa e per l’Italia?
“Per le mie precedenti esperienze internazionali ho chiara la rilevanza dell’Italia in questo settore, la stima e considerazione per le capacità e professionalità del nostro Paese. Da sempre l’Italia è associata al club dei 3 grandi Paesi a capacità spaziali con Francia e Germania, nonostante queste spendan il doppio di quanto spendiamo noi sia in ambito nazionale che in termini di contributi all’ESA. L’Italia rimane molto influente per il fatto che ha le stesse capacità di sistema di questi Paesi, ovvero può realizzare grandi sistemi complessi, grazie a un investimento pubblico che non è mai mancato negli anni. Il settore può crescere ancora molto, a fronte di una domanda sempre più massiccia di tecnologie in grado di assicurare un trasporto più veloce, attraverso l’ipersonico pulito, l’utilizzo della stratosfera, le capacità di rientro dallo spazio. Questo porterà a una condivisione di conoscenze che saranno la chiave di volta per lo sviluppo del futuro”.
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