Dal debutto col botto grazie al vento in poppa del Tg1, al crollo di ascolti dopo appena due settimane. Volendo ironizzare si può dire che sembra proprio che siano già finiti i Cinque minuti di Bruno Vespa, la cui striscia quotidiana nell’access time, finito l’effetto novità, si sta dissolvendo.
Dal 23,5% di share degli esordi al 18% di giovedì. Il programma di Rai Uno “Cinque minuti”, condotto da Vespa, è un flop annunciato
A dirlo sono i dati sugli ascolti dove, malgrado il traino del Tg1 che lo precede e il pezzo da novanta che lo segue ossia Soliti ignoti – Il ritorno di Amadeus, si nota ormai un’emorragia di telespettatori che fa tremare il conduttore e anche i vertici di viale Mazzini che, malgrado le proteste dei suoi stessi dipendenti, hanno fatto all-in su una trasmissione appaltata all’esterno.
Una scommessa che sembra già drammaticamente persa visto che il programma, in onda tutti i giorni ad eccezione del sabato e della domenica, ha debuttato con un 23,6% di share, con 5 milioni e 165 mila spettatori, esibendosi in un’intervista – da molti definita ‘sdraiata’, alla premier Giorgia Meloni. Un esordio a tratti grottesco con il Presidente del Consiglio che ha potuto spaziare su più argomenti senza pressoché nessuna moderazione, figuriamoci contraddittorio. Insomma quasi un comizio.
Il risultato è stato che il format che doveva rivoluzionare l’access time di Rai1, già nella sua prima puntata è sembrato vecchio, per non dire antico. A ben vedere sembra che l’unica novità rispetto a quanto si vede altrove è nella sua durata, cinque minuti quasi spaccati, a cui deve il nome il programma stesso. Ma nulla più. Così la seconda puntata, del 28 febbraio scorso, ha perso già 1,1% di share arrivando al 22,5% con 4 milioni e 712mila spettatori. Una puntata che ha seguito un copione quasi identico a quello della precedente, con la differenza che questa volta l’ospite era il ministro Matteo Piantedosi e che di mezzo c’erano i tanti interrogativi legati alla tragedia di Cutro costata almeno 86 vittime.
Peccato che i telespettatori che si aspettavano di vedere il giornalista incalzare il titolare del Viminale sono rimasti delusi. Insomma davanti a un simile inizio, per giunta potendo contare sull’effetto novità e su ospiti di primissimo piano, è subito apparso evidente come qualcosa non stesse funzionando. Così, forse ingannati da un dato sullo share tutto sommato buono, non si è pensato di dover mettere una pezza e si è arrivati alla quarta puntata in cui le cose sono andate ancora peggio.
Questa volta in studio si presenta monsignor Georg Gänswein, il segretario di Joseph Ratzinger, dando vita a una chiacchierata surreale che a tanti è sembrata poco più di un trailer dell’intervista che sarebbe andata in onda poco dopo su Porta a porta. Impietoso pensare che mentre su Rai1 si mostrava questa sorta di maxi pubblicità di cinque minuti, quasi trent’anni fa e negli stessi spazi sullo schermo compariva un gigante del giornalismo e del servizio pubblico come Enzo Biagi. Ma ancora una volta Cinque minuti riusciva a portare a casa un più che buono 23%, con 4 milioni e 839mila spettatori.
Qualcuno deve aver pensato che ormai il programma si sarebbe assestato stabilmente tra il 23 e il 22%, ma il sogno è durato ben poco. Il giorno seguente, ossia venerdì 3 marzo, neanche la presenza di un pezzo da novanta come Carlo Verdone ha convinto i telespettatori a restare ancorati a Rai1 con Cinque minuti che ha raccolto a malapena il 21,7% di share con 4 milioni e 337mila spettatori. Puntata dopo puntata e sbadiglio dopo sbadiglio, anche la soglia psicologica del 20% è però saltata tanto che ormai a viale Mazzini risuonano le sirene d’allarme. Del resto gli ultimi dati sono impietosi tanto che giovedì Cinque minuti ha segnato un misero 18%, pari a 3 milioni e 767mila spettatori, dimostrando come Vespa ormai non punge più.