Cinque persone, ritenute appartenenti o comunque contigue alla famiglia mafiosa di Sciacca, sono state fermate dai Carabinieri del Ros e dai militari della Guardia di finanza, su disposizione della Direzione distrettuale antimafia di Palermo. In carcere, tra gli altri, sono finiti il capomafia di Sciacca, Accursio Dimino, detto Matiseddu, già condannato per associazione mafiosa, e Antonello Nicosia, membro del comitato nazionale dei radicali italiani, molto impegnato nelle battaglie per i diritti dei detenuti.
Quest’ultimo, insieme a una parlamentare di Leu, Giuseppina Occhionero, recentemente passata a Italia Viva, che risulta estranea alla vicenda, di cui si sarebbe detto collaboratore, avrebbe incontrato diversi boss detenuti durante alcune ispezioni all’interno delle carceri siciliane e secondo la Procura palermitana avrebbe fatto da tramite tra capimafia, alcuni dei quali al 41 bis, e i clan, portando all’esterno messaggi e ordini. Sono in corso decine di perquisizioni su tutto il territorio di Sciacca, nell’agrigentino.
Nicosia viene ritenuto dagli inquirenti come “organico” alla famiglia mafiosa. Condannato in via definitiva alla pena di 10 anni e 6 mesi di reclusione per associazione finalizzata al traffico di droga, era stato scarcerato da ormai oltre 10 anni. L’esponente radicale, secondo quanto hanno accertato gli investigatori, sarebbe stato “pienamente inserito” nel contesto mafioso saccense, circostanza emersa anche dalle conversazioni intercorse tra l’indagato ed il boss Dimino.
Nicosia, in un caso, si sarebbe rivolto ad un esponente mafioso per “richiamare” un proprio debitore, e nel febbraio del 2019 a Porto Empedocle avrebbe incontrato due pregiudicati, tra cui un uomo fidato del boss latitante Matteo Messina Denaro, al quale doveva essere destinata una somma di denaro che gli interlocutori si stavano prodigando a recuperare. In tale contesto si sarebbe anche adoperato per favorire alcuni detenuti rientranti nel circuito del dello stesso Messina Denaro, tra cui Filippo Guttadauro, cognato del latitante, attualmente sottoposto alla misura di sicurezza – casa lavoro presso la Casa Circondariale di Tolmezzo al 41 bis.
Le attività svolte Nicosia, che riguardavano il settore carcerario, sarebbero state rese possibili dal “fraudolento utilizzo del rapporto di collaborazione che aveva instaurato con una Parlamentare della Repubblica Italiana. In virtù di tale rapporto, infatti, Nicosia ha partecipato ad alcune ispezioni carcerarie parlamentari e ha sicuramente fatto accesso all’interno delle carceri di Sciacca, Agrigento, Trapani e Tolmezzo senza la preventiva autorizzazione del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e ciò sfruttando le prerogative riconosciute dalle norme sull’ordinamento carcerario ai membri del Parlamento e a coloro che li accompagnano”.
“Ringrazio – ha dichiarato la parlamentare Occhionero – la magistratura e le forze dell’ordine per lo straordinario lavoro di contrasto alla mafia. Da ciò che emerge dalle notizie riportate sui giornali quello che diceva e scriveva Nicosia era ben lontano dalla verità, arrivando a veicolare messaggi mafiosi per conto dei detenuti. Quello che si legge nelle intercettazioni è comunque vergognoso e gravissimo”.
“La collaborazione con me – aggiunge la deputata di Italia Viva -, durata solo quattro mesi, era nata in virtù del suo curriculum, in cui si spacciava per docente universitario oltre che di studioso dei diritti dei detenuti. Non appena ho avuto modo di rendermi conto che il suo curriculum e i suoi racconti non corrispondevano alla realtà ho interrotto la collaborazione. Le visite in carcere peraltro sono parte del lavoro parlamentare a garanzia dei diritti sia dei detenuti sia di chi vi lavora. Ora sono profondamente amareggiata, ma la giustizia farà il suo corso. Mi auguro nel più breve tempo possibile. Pur essendo del tutto estranea alla vicenda, sono comunque a disposizione della magistratura per poter fornire ogni elemento che possa essere utile”.