“Abbiamo centrato gli obiettivi posti da Draghi prima del compimento dell’anno. Ora c’è un problema di implementazione. E questa fase non ha bisogno di uno con il mio profilo”. L’unica certezza è che quando apre bocca il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, attira sempre l’attenzione su di sé.
Già perché è bastata questa frase, pronunciata durante un’intervista a Staffetta quotidiana, una testata di settore specializzata in fatto di energia e sostenibilità, che si sono sbizzarrite voci – fin qui non confermate ma neanche smentite – secondo cui l’avventura politica del ministro è ai titoli di coda. Certo che il capolinea fosse ormai vicino, a prescindere da cosa farà Mario Draghi, è una convinzione che circola da tempo in parlamento ma davvero nessuno pensava di averne la certezza da un’intervista.
Tanto più una in cui il ministro, col caro bollette che incombe e la mancata svolta sull’energia green, si è promosso a pieni voti raccontando di aver ultimato tutti i compiti che gli erano stati affidati, spiegando che “si poteva essere più veloci ma come risultato non è male”. Una missione, spiega il ministro, basata su tre aspetti: “Scrivere il Pnrr o almeno contribuire pesantemente visto che la transizione ecologica è centrale”; costruire una nuova struttura ministeriale; predisporre le semplificazioni normative.
UN’ALTRA VERITA’. Ma le cose stanno davvero così? Probabilmente no perché da uno stimato professionista che doveva far cambiare passo al Paese, ci si aspettava di più. Anzi, a ben vedere, sembra sia stato fatto talmente poco che molti si chiedono se il suo incarico sia mai effettivamente iniziato. Già perché, tanto per fare un esempio, in nome della semplificazione sono state rimosse diverse tutele ambientali. Anche in relazione alla rete idrica, da sempre bisognosa di attenzioni, gli investimenti sono stati davvero pochi.
Ma a rendere chiaro il flop sono soprattutto le bollette energetiche che hanno raggiunto i massimi storici senza che il ministro sia riuscito a prevederne l’andamento e nemmeno ad intervenire tempestivamente. Cosa ben peggiore, quando ha provato a fare qualcosa contro il caro bollette ha perfino disatteso la sua stessa missione di ministro della transizione ecologica come nel caso della riattivazione delle centrali a carbone. Proprio sull’energia green, il Mite ha più volte lasciato sgomenti.
È accaduto, ad esempio, quando ha più volte accarezzato la tentazione di un ritorno al nucleare (leggi l’articolo), snocciolando dati su una tecnologia che ancora non c’è e ignorando il fatto che gli italiani si sono già espressi due volte sul tema con un sonoro: “No grazie”. Tema del nucleare che è più attuale che mai visto che a breve la Commissione Ue dovrà decidere in merito al suo inserimento nella Tassonomia verde europea che sblocca ingenti fondi.
Un punto su cui potrebbe essere determinante proprio la posizione dell’Italia che, però, nessuno conosce al punto da finire al centro di un’interrogazione parlamentare del deputato di Alternativa in commissioni Attività produttive, Giovanni Vianello, che ha provato a chiederne conto – senza ottenere risposta – al ministro (leggi l’articolo).
Memorabili anche gli scontri dialettici con Greta Thunberg con Cingolani che si è vantato, in un fuori onda, di aver vinto il duello verbale affermando “non c’è Greta che tenga” (leggi l’articolo). Una parabola che rischia di concludersi con il paradosso perché il tecnico voluto da Beppe Grillo come paladino della svolta green, è finito sotto processo proprio da parte degli ambientalisti che avrebbe dovuto tutelare.