Onorevole Pino D’Ippolito (M5S), prima le trivellazioni, ora addirittura l’ipotesi di un ritorno al nucleare. Già fallito il progetto della “transizione ecologica”?
Il progetto di “transizione ecologica” deve disegnare un nuovo modo di intendere le attività umane e il loro rapporto con l’ecosistema. Questo nuovo paradigma passa attraverso una sequenza di interventi, a partire dalle scelte energetiche e tecnologiche. Sul primo profilo: serve arrivare alla produzione di un surplus di energia, ovviamente da fonti rinnovabili, in un Paese nel quale le nuove nascite sono da anni inferiori ai decessi. La transizione ecologica si coniuga male con una spinta al consumismo. Il ritorno al nucleare, per di più in versione “domestica”, oltre a distogliere l’attenzione sulla necessità di potenziare le politiche energetiche fondate sulle rinnovabili, è anche irricevibile per volontà dei cittadini italiani, che si sono espressi negativamente sul punto in ben due referendum.
Dunque no secco al nucleare?
Peraltro è politicamente inopportuno, dato che parlamento e governo hanno aperto un dibattito, che coinvolge l’intera comunità, sul destino delle scorie del nucleare.
Quanto al secondo profilo: le scelte tecnologiche?
La penso come Papa Francesco, che ha scritto: “La tecnologia basata sui combustibili fossili, molto inquinanti, deve essere sostituita senza indugio. C’è da augurarsi che l’umanità degli inizi del XXI secolo possa essere ricordata per aver assunto con generosità le proprie gravi responsabilità”.
Di due l’una, però: o il Movimento si è illuso oppure Cingolani non è il nome giusto in quel ministero…
Credo che stiamo assistendo ad un fisiologico scontro tra una visione tecnica e una visione necessariamente più politica. Checché ne dica il ministro, la difesa dell’ambiente è sempre ideologica. Non mi appartiene la narrazione secondo cui l’ideologia è una brutta cosa. Al contrario, io penso che l’ideologia rappresenti il complesso di opinioni che caratterizzano un movimento politico o sociale in un determinato contesto, e quando quest’ultimi sono espressione di una comunità di cittadini, l’ideologia rappresenta la stessa comunità. E i bisogni dei cittadini e delle loro rappresentanze meritano attenzione e rispetto. Del resto, se si interviene, come si deve intervenire, su processi produttivi complessi, come si fa a farlo in maniera neutrale? Quando si programmano, come si devono programmare, interventi che hanno come obiettivo ultimo la salvaguardia delle specie umani e animali e dell’intero pianeta, come si fa a mettere in campo l’analisi costi-benefici o, peggio, costi e opportunità?
Crede che la linea poco “green” dipenda anche da una maggioranza che tiene dentro anche Iv, Lega e Fi?
Non ho detto che la linea attuale sia poco green, ho detto che manca la contaminazione delle visioni tecniche con le visioni politiche. Io e i miei colleghi 5stelle nell’VIII commissione Ambiente, siamo fortemente impegnati a proporre questa visione politica, che poi altro non è che l’esercizio del mandato che ci hanno conferito gli elettori. E, ovviamente, le visioni politiche sono diverse e, talvolta, assai distanti tra loro. Ma, quando si ragiona politicamente tra rappresentanti dei cittadini, una soluzione si trova sempre. Quando si ragiona di numeri, si elimina la possibilità di confronto e di dibattito.
Crede che col Pnrr in tema di ambiente sia stato fatto il massimo?
Si può sempre fare di più e meglio. La mole di fondi destinati alla transizione ecologica in effetti faceva sperare in interventi più qualificanti. Nello specifico, potrei dire delle incerte definizioni in termini di biogas, di idrogeno; il mancato superamento degli inceneritori e di tutte le pratiche legate alla combustione, come le biomasse ad esempio. Aggiungo i cervellotici tentativi di semplificazione, che non si possono disgiungere, tra l’altro, da un parallelo rafforzamento delle forme di controllo. Ancora, rilevo la scarsità di risorse destinate a bonifiche, energie rinnovabili, dissesto idrogeologico. Noi ci auguriamo di poter dare il nostro contributo al superamento di quelle ambigue interpretazioni che spingono, giustamente, alcune associazioni ambientaliste a manifestare la loro contrarietà al PNRR.
Altro abbaglio preso è in ambito infrastrutture. Non è surreale che un sottosegretario 5S, peraltro siciliano, apra alla possibilità del Ponte sullo Stretto? Lei cosa ne pensa?
Il Ponte sullo Stretto non può e non deve diventare elemento di divisione all’interno del M5s, specie quando la posizione contraria del Movimento sul punto è chiara e inequivocabile; non solo storicamente, ma anche per come di recente espressa in assemblee di gruppo parlamentare e in interventi e votazioni nell’aula della Camera. Perciò appare qui totalmente inutile ripeterne le ragioni. Del resto, il ministro Giovannini, nell’audizione di giovedì davanti alle commissioni riunite Ambiente e Trasporti, ha dichiarato che il governo, nell’attesa di portare a sintesi il dibattito in corso, ha già previsto l’acquisto di tre nuove navi per migliorare l’attraversamento dello Stretto, di cui una stabilmente e unicamente destinata al trasporto dei treni. Ecco, questa è la strada da seguire.