No, non è vero che non si può immaginare. Forse non è nemmeno vero che sono annegati: probabilmente sono stati lasciati annegare. Quella avvenuta al largo della Grecia è la più grande strage nel Mediterraneo dal 2015 ad oggi, una strage con numeri spaventosi: dei 750 migranti sulla barca capovolto al largo di Pylos, in Grecia ne sono stati soccorsi 104.
Quella avvenuta al largo della Grecia è la più grande strage nel Mediterraneo dal 2015 ad oggi, una strage con numeri spaventosi
I numeri dicono che è un’ecatombe. Ieri la tragedia che avrebbe dovuto occupare il dibattito pubblico è passata come inevitabile “effetto collaterale” delle politiche migratorie, seguendo il corso della narrazione voluta dal governo. Non è servito sapere che la barca fosse in mare da cinque giorni, partita da Tobruk, in Cirenaica, e diretta in Italia verso le coste ioniche, ormai senza più acqua a bordo e con 6 persone già morte, tra cui due bambini. Non basta la giustificazione della Guardia costiera greca che dice “i migranti non volevano essere salvati”, scambiando il prevedibile panico a bordo per una presunta “volontà di continuare la navigazione verso l’Italia”.
Come dice il giornalista Nello Scavo, “se potevano (dovevano) essere soccorsi e non è stato fatto, allora non sono affogati: sono stati fatti affogare. Deliberatamente. Conoscete i nomi dei trafficanti, gli avete stretto la mano, li avete legittimati. Non avete alibi. Siete complici del #Libyagate”.
La Grecia si autoassolve, l’Italia pure. Soliti alibi e scaricabarile sui morti
“È impossibile evitare una considerazione: decine, probabilmente centinaia di persone in entrambi i casi sono morte quasi sotto gli occhi delle autorità di paesi europei”, dice il segretario di Più Europa Riccardo Magi: “è una considerazione che amplifica il dolore e il senso di responsabilità per le vite perdute. E allora stride che, nel complesso delle misure previste all’interno della ipotesi di nuovo Patto europeo per la migrazione e l’asilo, non vi sia una missione europea di salvataggio preposta con l’impiego di mezzi e risorse per il salvataggio delle vite umane”, spiega.
Dello stesso avviso anche la segretaria del Pd Elly Schlein che chiede “un’operazione Mare nostrum europea, una missione di ricerca e soccorso istituzionale”. Questo è il punto politico della tragedia. I Paesi europei brigano per evitare il principio di solidarietà monetizzando l’egoismo, da anni si interrogano su come rimpatriare più velocemente le persone anche a costo di soprassedere sui diritti fondamentali e sulle leggi internazionali. Si pensa a Paesi terzi da utilizzare come discarica per ricacciare indietro disperati.
I leader europei (Meloni in testa) cercano in Africa autocrati disposti a fare da tappo
I leader europei (Meloni in testa) cercano in Africa autocrati disposti a fare da tappo. Nessuno valuta la benché minima soluzione per evitare l’ecatombe. “Occorre pensare a un’azione comune di salvataggio di queste persone, come riprendere l’Operazione Mare Nostrum che fu una delle azioni più efficaci degli ultimi anni nel Mediterraneo”, dice Agostino Sella, presidente di Associazione Don Bosco 2000. Aapertura di vie legali all’accesso e affermazione del diritto internazionale ed europeo” chiedono le Acli.
“La linea della ‘difesa’ dei confini genera morti, e non offre soluzioni praticabili a una gestione razionale del fenomeno migratorio. Per quanto ancora si continuerà a seguire questa fallimentare impostazione?”, si chiede la deputata dem Laura Boldrini. Qui siamo molto prima della politica. È una questione umanitaria, prerequisito di qualsiasi politica. La Grecia annuncia un lutto nazionale per tre giorni. Ma ci siamo abituati ai morti, figurarsi qualche giorno di lutto.