Di Roberta Lombardi si sapeva già, visto che la deputata pentastellata ha annunciato quattro giorni fa l’intenzione di correre per le regionarie con le quali prossimamente verrà selezionato il candidato del Movimento 5 Stelle (M5S) per la presidenza del Lazio. Di Alessandro Di Battista era nell’aria, e infatti puntuale – ieri mattina – è arrivato il post su Facebook col quale “Dibba” si è smarcato: starà a guardare e sabato durante la kermesse di Rimini dirà perché. Su Roberto Fico c’erano dubbi e chi, tra i cosiddetti “ortodossi”, ha sperato fino all’ultimo che il presidente della commissione parlamentare di vigilanza Rai scendesse in campo è rimasto deluso per la sua scelta di restarsene in panchina. Di fatto, da ieri Luigi Di Maio è il candidato premier del M5S alle prossime Politiche. Nessuno dei big grillini ha scelto di sfidarlo alle primarie interne (c’era tempo fino a mezzogiorno di ieri per candidarsi). Circostanza che rende la votazione sul blog, prevista a causa di qualche candidatura “minore” – 8 in tutto i partecipanti tra i quali la senatrice Elena Fattori –, una mera formalità. Domenica dal palco di “Italia 5 Stelle” il vicepresidente della Camera sarà incoronato con tutti gli onori del caso. Alimentando contemporaneamente i mal di pancia di chi non ha per niente digerito tempi e modi coi quali è stata gestita la pratica-primarie. Per qualcuno un vestito cucito addosso allo stesso Di Maio.
Fifty fifty – Beghe interne a parte il leader in pectore dei 5 Stelle, che con l’investitura a candidato premier diventerà anche il capo politico del Movimento (così hanno deciso Beppe Grillo e Davide Casaleggio), dovrà iniziare a disegnare la squadra di Governo. Per evitare, come accaduto a Roma a Virginia Raggi, di arrivare – in caso di vittoria alle urne – con la lista di ministri e incarichi di sottogoverno ancora in alto mare. Sul punto, il vicepresidente della Camera è stato chiaro: “I nomi saranno scelti dal candidato premier”, cioè da lui. A tal proposito ieri un ex parlamentare grillino dal dente avvelenato, parlando con La Notizia, se n’è uscito caustico: “Due anni fa a ‘Italia 5 Stelle’ Gianroberto Casaleggio disse che i ministri sarebbero stati votati in Rete, poi è morto e quindi…”. Chiaro il concetto. Bisogna andare a riprendere una dichiarazione di Di Maio del 22 aprile 2016 per capire bene come sarà composto il suo team. “Non possiamo pensare di governare solo con le nostre forze”, spiegò: “Bisogna essere umili e prendere tutti coloro che hanno competenze ed esperienze”. Ciò vuol dire che una parte di quelli che andranno eventualmente ad occupare i dicasteri 5 Stelle sarà scelta tra chi in questi anni, nel Movimento, si è fatto largo; per il resto, i pentastellati si affideranno a dei tecnici.
Cerchio magico – Partiamo dai primi. Un ruolo di Governo – alla Giustizia – ce l’avrà certamente Alfonso Bonafede, avvocato di Mazara Del Vallo trasferitosi a Firenze quando aveva 19 anni che nel 2009 sfidò Matteo Renzi per la poltrona di sindaco del capoluogo toscano. Da gennaio Bonafede è stato chiamato a “vigilare” sul Campidoglio, ma non da solo. Con lui ci sono infatti anche altri due deputati in predicato di entrare in squadra: Danilo Toninelli e Riccardo Fraccaro. Il primo è “l’uomo delle riforme” del Movimento, quindi è chiaro capire cosa andrebbe a fare. Fraccaro, eletto in Trentino, è l’anti-spreco per antonomasia. Per lui, pare, verrebbe addirittura creato un ministero ad hoc, quello della “democrazia diretta”. In alternativa, spiegano dal M5S, potrebbero essere affidati lui gli Affari regionali. Per Di Battista c’è in ballo la poltrona di vicepremier o di ministro degli Esteri. Ruolo, quest’ultimo, che alla fine potrebbe finire a Manlio Di Stefano, un altro molto vicino a Di Maio. Giulia Grillo si scalda invece per un posto al ministero della Salute, così come Laura Castelli per uno all’Economia e Nicola Morra per uno alla Cultura o all’Istruzione. Sul fronte Sviluppo economico, invece, salgono le quotazioni di Giorgio Sorial. Nei mesi scorsi il deputato bresciano è stato animatore di una serie di incontri sul tema insieme alla senatrice Barbara Lezzi. Per i due si profila un ruolo al Mise, dove per fare il ministro sarà quasi sicuramente chiamato un tecnico.
Gli outsider – Ecco, i tecnici. Chi si sta scaldando? Domenico De Masi, ultimamente molto vicino al M5S, sembra finito in fuorigioco. I grillini avevano pensato a lui come possibile ministro del Welfare, magari mettendogli accanto due fra i deputati Claudio Cominardi e Tiziana Ciprini e la senatrice Nunzia Catalfo, ma per ora il professore emerito di Sociologia del lavoro alla Sapienza pare abbia declinato l’invito. L’alternativa potrebbe essere Leonardo Becchetti, docente di Economia a Tor Vergata, che ha già collaborato con alcuni parlamentari del Movimento proprio sui temi del lavoro. Nonostante le fragorose dimissioni dal Campidoglio, l’ex assessore al Bilancio della Raggi, Marcello Minenna, potrebbe tornare in gioco nella partita nazionale. Occhio anche a Salvatore Settis (Cultura). C’è poi il nome forte: quello di Nino Di Matteo. Il magistrato, sotto scorta dal 1993, è uno che non ha mai risparmiato critiche agli storici oppositori dei pentastellati: da Berlusconi a Napolitano fino a Renzi. Sarebbe il profilo giusto come Guardasigilli.
Tw: @GiorgioVelardi