Non intendono arrendersi all’oscurantismo talebano che le vorrebbe segregate a casa. E al grido di ”Non abbiamo paura” una cinquantina di donne afghane hanno manifestato ieri a Herat per il diritto al lavoro, all’istruzione, alla vita. Con il velo islamico ma senza il burqa hanno lanciato dalla capitale dell’Afghanistan occidentale la sfida al costituendo esecutivo degli studenti coranici. “Nessun governo può sopravvivere senza il sostegno delle donne” recitava, in inglese, un cartello innalzato dalle manifestanti.
E su un altro, “Istruzione, lavoro, sicurezza sono nostri diritti inalienabili”. ”Siamo pronte anche a portare il burqa se ci dicono di farlo ma vogliamo che le donne possano andare a scuola e al lavoro”, ha spiegato all’Afp Fareshta Taheri, artista e fotografa, aggiungendo però che la “maggior parte delle donne che lavorano a Herat sono a casa, nella paura e nell’incertezza”. Come del resto tante altre in tutto il Paese: meno di 100 delle 700 giornaliste di Kabul continuano a lavorare, afferma Reporters Sans Frontières.
O come alcune giocatrici della nazionale giovanile di calcio femminile e i loro familiari, che si spostano da un posto all’altro nel tentativo di sfuggire all’ira dei mullah e che sperano di essere evacuati in qualche modo, dopo che un primo gruppo è riuscito a raggiungere l’Australia la scorsa settimana. O ancora, come le giocatrici della squadra di cricket femminile, costrette pure loro a nascondersi.