Chico Forti, condannato per omicidio da un tribunale Usa, è stato accolto dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni all’aeroporto di Pratica di Mare dopo la sua estradizione in Italia. I suoi 24 anni di condanna già espiati gli hanno fatto meritare un ritorno a casa degno di un capo di Stato.
La sua cella nel carcere di Montorio è stata frequentata da diversi parlamentari della maggioranza che per giorni ci hanno rassicurato sul fatto che stesse bene, dormisse bene, mangiasse bene. Come ricordava Massimo Giannini in un articolo del 31 maggio a Montorio, mentre Forti mangiava foie gras e giocava a Call of Duty, ci sono detenuti che crepano, nell’incuria e nella penuria: cinque suicidi in soli tre mesi.
Chico Forti è stato intervistato da Bruno Vespa e ha raccontato di essere stato accolto in carcere “come un re” e che il primo a volergli parlare è stato il comandante Schettino che gli ha detto “Chico sei il mio eroe”. “Mi hanno fatto un piatto di spaghetti all’amatriciana”, ha detto Foti a un sorridente Vespa.
Ora si viene sapere che nel carcere di Verona dove è stato trasferito Forti avrebbe avvicinato un altro detenuto esprimendo il suo fastidio per la prima pagine de Il fatto quotidiano contro di lui e gli avrebbe chiesto aiuto per “mettere a tacere Travaglio, Lucarelli e una terza persona”. In cambio avrebbe promesso loro aiuto, una volta tornato libero e “candidato”.
A riferirlo è il garante dei detenuti, a confermarlo è il detenuto avvicinato da Chico Forti. La Procura indaga, Meloni tace. Sarebbe curioso sapere chi ha promesso la libertà a Forti, essendo prerogativa solo del Presidente della Repubblica concedere la grazia. Ma in fondo Forti è già fin troppo libero.