di Gaetano Pedullà
Capito tutti che fino al 2015 non si va più al voto, tra i nostri parlamentari è caccia aperta a uno strapuntino di potere. Meglio accucciati sotto un piccolo governo piuttosto che privi di ruolo e di potere all’opposizione. Se poi il governo dei trionfanti Letta e Alfano porta in sé un progetto politico che sa di potere e di vecchia Dc, allora ecco la fila. I centristi del Pd, i governativi del Pdl, un mucchio di peones senza speranza di contar qualcosa e ora la Scelta Civica di Mauro e Casini stanno già trasformando le larghe intese da cui erano partiti in una melassa amalgamata da un unico ingrediente: la voglia di poltrone. Finito all’angolo Berlusconi e fallito il piano dei suoi falchi, preso atto che Renzi dovrà farsi almeno un anno di segreteria del Pd per candidarsi quando magari lo avranno già logorato per bene, l’ultima occasione per non perdere il treno del potere è lodare la manovra di stabilità, sostenere il verbo del premier e, diciamolo chiaramente, non rompere le scatole. Chi sarà bravo avrà vantaggi e forse, chissà, spazi alle prossime europee o nel nuovo partito neocentrista che verrà (se verrà). Si spiega anche così la frattura annunciata da tempo tra Mario Monti e il partito che lui stesso aveva fondato finendo per cannibalizzare l’Udc di Casini. A buona parte di Scelta Civica (che sta già nel Governo) non va giù di mettere i bastoni tra le ruote a un esecutivo poco disponibile alle critiche (e su questo un avviso è arrivato direttamente dal tutore di Palazzo Chigi, Giorgio Napolitano). Pazienza se la legge di stabilità è una modesta aspirina con cui non si cura un Paese agonizzante. Per un po’ di potere tutto si perdona. E Monti, che di potere ne capisce, non ha retto ai suoi che ora di potere ne vogliono un po’ anche per loro. È proprio vero: chi di potere ferisce, di potere perisce.