di Gaetano Pedullà
Ci ha messo un po’, ma dicendo chiaramente che la politica sta perdendo tempo, Matteo Renzi ha aperto lo scontro finale nel Pd, ha confermato di essere un vero leader di partito e ha accelerato un inevitabile ritorno alle urne.
Mentre ieri la Borsa colava a picco (l’instabilità politica fa paura ai mercati) e i saggi di Napolitano facevano un sonnellino, il governo svelava rovinosamente di non poter dare neppure un acconto alle imprese in credito con la pubblica amministrazione. L’unica idea che i tecnici ancora aggrappati ai mattoni di Palazzo Chigi si erano fatti venire per approvare il decreto era la solita: aumentare l’Irpef, cioè la pressione fiscale. Inevitabile il vespaio e il governo in ritirata.
Se c’è qualcuno che pensi che così si va lontano, prenoti pure un ricovero in clinica. Mentre l’Italia sta affondando il mondo corre. E tra i partiti (e i loro fiancheggiatori nei giornali) non c’è nessuno che ammetta la verità: l’esito del voto il 25 febbraio scorso ci obbliga a fare una cosa sola. Tornare alle urne subito, anche con la nostra bruttissima legge elettorale, ma con un’offerta politica nuova. E’ chiaro che ai Bersani, Berlusconi, Monti & C. questa strada non conviene. Andare al voto in poche settimane potrebbe cancellarli dalla geografia parlamentare. E dunque, per le loro esigenze politiche gli interessi del Paese possono attendere. Di tempo però non ce n’è più. E Renzi dicendolo forte ha preso su di se quella responsabilità che solo i veri capi sanno assumersi. A costo di rendere plastica una spaccatura ormai insanabile nel suo stesso partito. Ne sanno qualcosa a Roma, dove sulle primarie per il Campidoglio da giorni volano gli stracci. Che brutta aria che tira.