“Il miserabile mercimonio di ciniche pratiche correntizie è l’indegno tradimento” di questo Paese “ma noi abbiamo il dovere e la forza di avviare un riscatto”. A dirlo è il vice presidente del Csm, David Ermini, deciso ad avere un ruolo nella futura ricostruzione delle logiche, delle norme e meccanismi di Palazzo dei Marescialli. Del resto c’è da riscattare l’onta dell’inchiesta sul caso Palamara che ha terremotato l’organo di autogoverno delle toghe e che, come ha sempre detto il ministro Alfonso Bonafede, ha bisogno di una pesante e urgente riforma. Insomma parole ineccepibili quelle pronunciate da Ermini se non fosse che, stando alle intercettazioni contenute nel fascicolo d’indagine, lui stesso ha avuto più di un contatto con Luca Palamara, il parlamentare Cosimo Maria Ferri e l’ex ministro Luca Lotti, ossia la cricca che, carte alla mano, ha tentato di condizionare il mondo dorato delle toghe. Intendiamoci si tratta di conversazioni che, seppur contenute nel fascicolo della Procura di Perugia, non sono penalmente rilevanti ma che, come già successo per tante situazioni simili, hanno un peso politico.
VENTO IN POPPA. A ben vedere proprio il presidente Ermini, il quale ha sempre smentito di esser stato eterodiretto dal pm indagato e ha detto di aver osteggiato le correnti, proprio dalla cricca di Palamara è stato sostenuto. Una storia che emerge con chiarezza dalle intercettazioni del 2018 a pochi giorni dalle elezioni per la nomina dei consiglieri del parlamento dei giudici ed erano iniziate le manovre per nominare il vicepresidente del Csm. Un ruolo delicato per il quale oltre ad Ermini erano in corsa anche il professore milanese Alessio Lanzi, in quota Forza Italia, e Alberto Maria Benedetti, professore a Genova scelto da M5s. Un candidato, quest’ultimo, che sembrava destinato a spuntarla perché Area, la corrente di sinistra delle toghe, aveva manifestato l’intenzione di votarlo. Una mossa che spiazzò Ermini il quale si dichiarò molto rammaricato. Sono settimane frenetiche in cui l’attuale vicepresidente del Csm scrive all’amico Palamara: “Ciao Luca. Io sono a Roma. Penso di rimanere fino a giovedì o venerdì mattina”.
“Quando vuoi puoi chiamare Luigi Spina (pubblico ministero indagato con Palamara a Perugia, ndr) che aspetta tua chiamata” risponde sicuro il magistrato. Ma non ci sono solo messaggi perché il 19 settembre 2018 il consigliere uscente, Giuseppe Fanfani, scrive a Palamara: “Confermo martedì ore 21 a casa mia cena riservata io, te, Cosimo e David” che per gli investigatori sarebbe proprio Ermini. Si arriva così al 24 settembre quando il pubblico ministero indagato dalla Procura di Perugia rassicura il dem che “tutto procede bene” per la sua elezione a vice del Csm e quest’ultimo risponde con un semplice “Grazie”.
MISSIONE RIUSCITA. Effettivamente le cose vanno proprio così e la nomina diventa realtà, motivo per il quale Palamara scrive ad Ermini: “Godo! Insieme a te!”. Ma nelle carte c’è di più perché quando deflagra l’inchiesta di Perugia, il neo vicepresidente non sembra prendere le distanze più di tanto dall’indagato. Anzi i rapporti proseguono sostanzialmente inalterati tanto che il 2 ottobre Palamara si fa vivo: “Caro Davide se riesci e non sei stanco ci beviamo una cosa da me dalle 23.30 con Cosimo e Luca”. Il dem non dice di no ma rimanda semplicemente al giorno seguente quando, secondo gli inquirenti, l’incontro avviene davvero. Ma di chat, telefonate e messaggi, principalmente per organizzare incontri e appuntamenti, ce ne sono molti altri nelle carte di Perugia e ciò a riprova di come il sistema correntizio fosse davvero trasversale e non risparmiasse praticamente nessuno.