Passano i giorni e il cessate il fuoco tra Hamas e Israele regge, seppur non senza difficoltà, mentre il mondo intero trattiene il fiato sperando che l’accordo possa trasformarsi in una pace duratura e definitiva. Peccato che non tutti sembrino pensarla così, specie a Tel Aviv, dove, dopo le dichiarazioni del ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, che da giorni auspica la ripresa dei combattimenti per “eradicare completamente Hamas”, il ministro israeliano per la Cooperazione regionale, David Amsalem, ha gelato tutti con un’intervista shock a Army Radio. In questa, ha affermato, senza mezzi termini, che “la seconda fase dell’accordo” di cessate il fuoco “non vedrà mai la luce”. “Lo so, e lo sanno tutti. Non avverrà perché Hamas non accetterà di disarmare e smilitarizzare la Striscia di Gaza”, ha aggiunto, sottolineando che ciò costringerà “Israele a riprendere la guerra in modo deciso e risoluto”.
Insomma, parole di fuoco che dimostrano come la situazione sia tutt’altro che tranquilla. Lo sanno bene anche nell’amministrazione americana di Donald Trump, già al lavoro per definire la seconda fase dell’accordo in cui, salvo colpi di scena, verranno rilasciati 60 ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas. Una trattativa in salita che, secondo quanto riporta Politico, citando un funzionario di Washington che ha chiesto l’anonimato, l’amministrazione Trump imputa all’eredità “disastrosa lasciata da Joe Biden“, accusato di aver esacerbato gli animi e reso il dialogo tra le parti più impervio che mai.
“Il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza non durerà”. Il ministro israeliano Amsalem gela il mondo e si dice sicuro che la ripresa dei combattimenti con Hamas è inevitabile
Quel che è certo è che, intanto, la tregua prosegue, con il gruppo palestinese che ha annunciato il rilascio di quattro donne sabato prossimo e con i camion degli aiuti umanitari che finalmente arrivano con puntualità nella Striscia di Gaza. Sfortunatamente, però, la tensione nell’area resta alta: l’esercito israeliano (IDF) ha lanciato un’offensiva nella città di Jenin, in Cisgiordania, violando di fatto gli accordi. Nell’operazione hanno perso la vita almeno dieci persone. Il ministro della Difesa di Tel Aviv, Israel Katz, ha giustificato l’operazione sostenendo che fosse necessaria per scongiurare che “il terrorismo si replichi all’interno della città. Non permetteremo alle armi della piovra iraniana o all’Islam radicale sunnita di mettere in pericolo la vita dei coloni o di stabilire un fronte del terrore a est di Israele”.
Di tutt’altro avviso le autorità locali, che sostengono che il blitz abbia colpito inermi civili, e le autorità della Giordania, che temono che azioni simili possano riaccendere la miccia del conflitto. Secondo il ministro degli Esteri giordano, Ayman Safadi, la “priorità assoluta” di questa prima fase della tregua deve essere il “mantenimento della sicurezza della Cisgiordania”, poiché “il caos in quest’area potrebbe destabilizzare l’intera regione”. Proprio per questo, il diplomatico si è appellato affinché la comunità internazionale richiami Israele per gli attacchi dell’IDF, definiti “scellerati”, e condanni severamente anche le rivolte dei giorni scorsi, che hanno visto orde di coloni israeliani intenti ad attaccare i villaggi palestinesi.