Una ricchezza che si distribuisce in maniera disomogenea, gonfiando ulteriormente le tasche di chi già ne possiede una buona parte e continuando a tenere ai margini alcune categorie. La “ricca Lombardia”, come dice Pierfrancesco Majorino, capogruppo Pd in Consiglio regionale, rischia di diventare “capitale delle disuguaglianze” mentre il presidente Attilio Fontana tace e “continua a girarsi dall’altra parte”.
In Lombardia boom di poveri e diseguaglianze. Uno studio dell’OVeR sfata il mito della locomotiva d’Italia
Nessun commento è arrivato dal governatore, infatti, neppure sul principale dato contenuto in una ricerca dell’OVeR, l’Osservatorio Vulnerabilità e Resilienza, nato dall’alleanza tra le Acli lombarde, l’Istituto Ricerca Sociale e l’Associazione Ricerca Sociale: il 20% dei lombardi più poveri dichiara appena il 6% del reddito totale della Regione, mentre il 20% più ricco ne detiene il 40%. La ricerca ha indagato un campione di circa 300mila persone, monitorate nel tempo, attraverso le dichiarazioni dei redditi mediante modello 730 presentate alle Acli nel 2019, nel 2020 e nel 2021. Il quadro che ne emerge è tutt’altro da “Lombardia felix” come il centrodestra alla guida della Regione da trent’anni vuol far credere.
Il 20% dei lombardi più poveri dichiara appena il 6% del reddito totale della regione, mentre il 20% più ricco ne detiene il 40%
La ricerca dell’OVeR ha evidenziato in Lombardia numerose differenze non solo nella distribuzione dei redditi e nella capacità di spesa dei contribuenti, ma anche nel conseguente accesso ai servizi (sanitari, assistenziali, educativi, ecc.). Più di un contribuente su 5 appartiene alla categoria dei ‘vulnerabili’ (22%) cioè di coloro che assommano a redditi piuttosto bassi (inferiori a 14mila euro annui), anche qualche altra forma di disagio economico o sociale, quali carichi di cura importanti o età potenzialmente più critiche. Si tratta di 65.000 contribuenti del panel preso in esame dalla ricerca che, proiettata sul totale dei contribuenti lombardi, consente di stimare 900mila persone in Lombardia con un reddito per due volte e mezzo più basso di quello del resto della popolazione.
Le disuguaglianze che emergono sono anche di genere (le donne hanno redditi significativamente più bassi dei contribuenti di sesso maschile – 17.068 € nel 2021 contro i 21.589 € degli uomini), generazionali (gli anziani presentano redditi per il 44% più elevati dei contribuenti tra i 30 e i 45 anni), tra famiglie (tra i contribuenti con figli a carico si registra un valore mediano dei redditi molto basso, pari a circa 12.000 € contro gli oltre 21mila di coloro che non ne hanno), di cittadinanza (i nati all’estero sono più esposti allo scivolamento in situazioni di vulnerabilità, con redditi dichiarati pari a circa il 50% dei redditi dei nativi).
Solo un terzo dei contribuenti con figli a carico può permettersi una spesa per istruzione non universitaria e l’incidenza dei contribuenti che dichiarano spese a copertura dell’università dei figli aumenta di ben 5 volte al crescere del reddito. Le disuguaglianze emergono anche nella possibilità di accesso alle cure sanitarie: pressoché tutte le tipologie di spese legate alla salute (dai farmaci alle visite specialistiche) crescono all’aumentare del reddito.
Più di un contribuente lombardo su cinque appartiene alla categoria dei “vulnerabili”
Più di un contribuente lombardo su cinque, evidenzia ancora la ricerca, appartiene alla categoria dei “vulnerabili”, quanti assommano a redditi bassi anche qualche altra forma di disagio economico o sociale, che li porta ad essere maggiormente esposti al rischio di scivolamento in povertà. Il quadro presentato dalla ricerca, spiegano le Acli, “restituisce elementi interessanti e preziosi per ripensare un welfare più inclusivo e più capace di impattare positivamente sulle vulnerabilità e le disuguaglianze”. Ma la destra, tanto attenta alla famiglia in campagna elettorale, fa orecchio da mercante.