Di Gianluca Paolucci per La Stampa
AirOne, la compagnia che doveva essere il «perno» del progetto Fenice per la rinascita di Alitalia dalle sue ceneri nel 2008, finirà nella «bad company» insieme ai debiti e ai contenziosi. È forse questa la prova definitiva che quanto accaduto negli ultimi sei anni di storia di Alitalia è da considerare una pessima parentesi nella storia della compagnia.
Dopo 2,3 miliardi di debiti e 1,45 miliardi perdite cumulate in meno di sei anni di attività, la maggior parte degli aerei con la livrea AirOne verranno messi a terra per essere successivamente venduti e sostituiti intanto da aeromobili Alitalia.
Circostanza che spiega l’ira del rappresentante del gruppo Toto all’assemblea degli azionisti Alitalia dello scorso 25 luglio. E spiega anche la risposta della presidenza, messa a verbale, che definiva il gruppo abruzzese più che un socio, «un debitore moroso». Che, all’assemblea di agosto, non si è neppure presentato.
Per mettere in sicurezza la bad company – ovvero la vecchia Alitalia-Cai – basteranno 250 milioni invece dei 300 annunciati. All’assemblea dello scorso 8 agosto, convocato proprio per aumentare l’importo dell’aumento, gli amministratori hanno infatti avvisato i soci che il via libera alla struttura proposta da Poste Italiane (con la creazione di una società intermedia tra la vecchia e la nuova Alitalia, la cosiddetta «midco») e il conseguente impegno di 75 milioni di euro da parte di Poste rendevano inutile l’incremento dell’aumento.
Nella stessa occasione è stato però approvato il complesso schema di ristrutturazione di una parte del debito finanziario della compagnia. Si tratta di 598 milioni di euro in totale, 225,2 milioni di anticipi di biglietti e future vendite e 372,8 milioni relativi a linee di credito di vario tipo, con Intesa Sanpaolo, Mps, Popolare di Sondrio e Unicredit (più una piccola parte con Intesa in pool con Banca Campania e Bper). Per il consolidamento dell’indebitamento è stato varato un aumento da 695 milioni di euro suddiviso in tre tranche, legate a diverse categorie di azioni con diversi diritti di godimento.
In particolare, le azioni di categoria 1, (tranche di massimi 341 milioni) sono destinate ad essere sottoscritte in larga parte dalle banche. A queste azioni viene riconosciuto il diritto a percepire il 95% della «distribuzione ai soci di utili e riserve», almeno fino al raggiungimento dell’importo complessivo speso per sottoscrive le stesse azioni. In cambio, le banche dovranno però rinunciare a parte dei crediti relativi agli anticipi su biglietti e pagamenti e garantire un ulteriore finanziamento a lungo termine di 98 milioni di euro, remunerato ad un interesse del 4%.