C’è qualcosa che non va se per l’anno 2015, sia il Comune di Ostuni, in Provincia di Brindisi, che il Comune di Ercolano (Napoli) hanno offerto un servizio di accoglienza identico, entrambi per 15 posti, ricevendo però finanziamenti totalmente differenti: nel primo caso il fondo a disposizione del Comune è stato pari a 279mila euro, nel secondo caso, invece, Ercolano ha ricevuto 146ila euro. Una differenza colossale, pari al 91% (!), che – dice la Corte dei Conti – è “chiaramente sproporzionata”.
È uno dei dati (shock) che emergono dall’ultima relazione dei magistrati contabili relativa alla “gestione del sistema dei servizi di ‘seconda accoglienza’ in favore di stranieri”. Parliamo, cioè, dei progetti Sprar (Sistema di protezione e accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati), nato dopo il clamoroso boom di sbarchi. Sono, in pratica, tutti quei progetti, portati avanti da Comuni e Province, che vengono in soccorso dei Centri di prima accoglienza, ormai al collasso. Secondo i dati raccolti dalla Corte, il numero dei progetti è via via aumentato a dismisura: le persone accolte nel 2015 sono state 29.761, in spaventosa crescita rispetto agli anni passati. Basti questo: nel 2010 (5 anni prima), le persone accolte dagli enti locali erano solo 3.146. In totale, la rete di accoglienza Sprar oggi conta 376 enti locali titolari di progetto (339 Comuni, 29 Province e 8 unioni di Comuni). Oltre il 40% delle presenze si è registrato nel Lazio (22,4% del totale nazionale con 2.500 posti su Roma) e in Sicilia (20,1%), seguite dalla Puglia (9,4%) e dalla Calabria (8,9%). Ma, come detto, al di là dei numeri (imputabili anche a un sistema europeo che non funziona), pure i finanziamenti obbediscono a un sistema a dir poco illogico.
Sistema sballato – Non è un caso che, nella relazione, la Corte sottolinei l’esigenza di “utilizzare in modo efficace i fondi stanziati per l’accoglienza”. Il motivo? Presto detto. Spesso capita che per far fronte alle spese ordinarie (per quelle straordinarie, come si sa, è previsto un surplus di 35 euro al giorno per migrante), gli stanziamenti siano inspiegabilmente differenti. Non c’è solo il caso, già segnalato, di Ercolano e Brindisi, ma anche quello – segnalato dalla Corte – in Sicilia: stesso contesto regionale, ma a Licata (Agrigento) sono arrivati 304mila euro, mentre a Chiaromonte Gulfi (Ragusa), per lo stesso servizio sono giunti 460mila euro. E così, ancora, alla Provincia di Potenza il progetto di accoglienza è stato finanziato con circa 300mila euro, il Comune di Regalbuto (Enna), 7mila anime, ha invece ricevuto oltre 400mila euro.
Caos totale – Da qui, secondo la Corte, nascono tanti e tanti problemi. A cominciare dal fatto, dicono i magistrati, che “sarebbe auspicabile favorire anche il sistema economico-produttivo ed occupazionale del luogo in cui vengono integrati i richiedenti asilo”, che invece è totalmente abbandonato e su cui, negli ultimi giorni, ha tanto premuto anche il ministro dell’Interno Marco Minniti. Ma non è tutto. Perché se, come detto, una parte dei fondi è mal gestita, un’altra nemmeno è gestita. Nel senso che resta t0talmente nel cassetto. Secondo i dati raccolti nella relazione, infatti, il fondo Fami (Fondo Asilo Migrazione e Integrazione), con cui si pagano una parte dei progetti Sprar (il resto cade su altri capitoli del ministero dell’Interno) per quanto riguarda il 2015 ammontava, tra contributi nazionali e comunitari, a 44 milioni di euro. Peccato però che, nonostante sia passato più di un anno, le “erogazioni rendicontate” ammontano a soli 1,9 milioni di euro. In pratica, parliamo del 4,4% del totale. Incredibile il dato se prendiamo solo il contributo Ue: su un totale di 22 milioni, le erogazioni rendicontate arrivano a quota diecimila euro. Briciole. Mentre i centri continuano a scoppiare.
Tw: @CarmineGazzanni