Sono un centinaio i magistrati finiti ora con un procedimento aperto dal Csm dopo essere finiti nelle chat di Luca Palamara. Questo l’ennesimo pesante effetto di quello che è forse il più grande scandalo che ha investito la magistratura italiana, portando alla luce manovre e manovrine attorno alle nomine negli uffici giudiziari, e che continua a far tremare pericolosamente anche Palazzo dei Marescialli.
LA BUFERA. I procedimenti aperti sui cento magistrati sono stati rivelati nel corso del Plenum dal membro laico Alessio Lanzi, di Forza Italia, vicepresidente della prima commissione, che ha all’esame alcune di tali pratiche, aperte per valutare la sussistenza dei presupposti per eventuali profili di incompatibilità funzionale o ambientale. E il plenum ha discusso proprio tre proposte di archiviazione della prima commissione su altrettanti casi legati alle chat di Palamara. Sempre nel plenum la presidente, Elisabetta Chinaglia, di Area, ha quindi specificato che “sta procedendo all’analisi di tutte le chat” e “nella nuova composizione è necessariamente partita dai 17 casi che già erano stati oggetto di attenzione da parte della Commissione nella precedente composizione”.
Intercettazioni telefoniche e chat, agli atti dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Perugia su Palamara, “hanno suscitato una vasta eco nell’opinione pubblica e tra i magistrati – ha evidenziato la presidente – ci hanno reso la fotografia di un correntismo deteriore, dal quale è più che mai urgente affrancarsi, e di una degenerazione dei rapporti con l’istituzione consiliare che deve essere affrontata con rigore e determinazione, pena la definitiva perdita di credibilità del governo autonomo e della stessa magistratura’’. Una partita determinante per Palazzo dei Marescialli.
Chinaglia ha quindi aggiunto che si tratta “di materiale molto corposo e di non facile gestione, ma, nonostante le difficoltà”, ha precisato di credere fermamente, “che il dovere primario del Csm sia di occuparsene, al pari di qualsiasi altro tipo di segnalazione, e di tenerne conto nell’ambito delle varie competenze consiliari che tutte valutano, a diversi fini, la sussistenza dei pre requisiti di equilibrio, indipendenza ed imparzialità dei magistrati”. Su alcune posizioni è stata esercitata azione disciplinare. Altre sono oggetto di valutazione da parte del procuratore generale, ma il disciplinare, secondo Chinaglia, non può e non deve esaurire la complessità delle questioni sottese alle comunicazioni del dottor Palamara.
“Il disciplinare – ha detto – è soggetto ai principi di tassatività e legalità e deve essere maneggiato con prudenza e con cautela”. Per la presidente della prima commissione del Consiglio superiore della magistratura diverse e ben più ampie sono, invece, le valutazioni che spettano a Palazzo dei Marescialli e alle sue commissioni. Sia ai fini del trasferimento di ufficio per incompatibilità ambientale, ma soprattutto in sede di valutazioni di professionalità e di nomina o dei dirigenti. Un nuovo corso per dire una volta per tutte addio al sistema emerso in modo dirompente con Palamara.
“Credo che in questo esame occorra agire secondo poche ma chiare direttrici – ha concluso Chinaglia – la parità di trattamento, l’assenza di qualsiasi interesse per l’appartenenza territoriale o associativa dei magistrati coinvolti, la trasparenza delle decisioni. Solo facendo questo lavoro con tali caratteristiche potremo contribuire a restituire credibilità alla magistratura ma anche all’istituzione di cui oggi abbiamo l’onore di fare parte”.