La Sveglia

Cento giorni di vergogna: un italiano dimenticato, un governo che fa finta di niente

Cento giorni di vergogna: un italiano dimenticato, un governo che fa finta di niente

Cento giorni. Non sono numeri, sono notti insonni, sono ore che si dilatano nel vuoto di un’assenza insopportabile. Cento giorni senza una voce, senza uno sguardo, senza una certezza. Cento giorni in cui una madre si aggrappa all’unico strumento che le resta: la parola. E scrive. Scrive alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sperando che il suo essere madre prevalga sul protocollo. Scrive ai giornali, agli amici, al mondo intero, perché il silenzio non diventi complicità.

Alberto Trentini non è un criminale, non è un mercenario, non è un affarista. È un operatore umanitario, un cittadino italiano trattenuto in Venezuela mentre svolgeva il suo lavoro. Eppure, l’Italia ufficiale si muove con la lentezza burocratica di chi ha sempre qualcos’altro di più urgente da fare. Le lettere restano in attesa di una risposta, le richieste diplomatiche si perdono nei corridoi di ministeri e ambasciate. E mentre la politica esita, il tempo scava ferite. 

“Giorgia Meloni è una madre, e lo sa”, scrive Armanda Trentini. Ma essere madre non è un titolo onorifico, è una responsabilità. E governare non significa strumentalizzare i confini, ma anche difendere chi, fuori da quei confini, incarna la parte migliore del nostro Paese. Un governo che si proclama patriottico non può abbandonare un suo cittadino, un suo figlio, in un limbo diplomatico che rischia di diventare condanna.

L’appello di una madre non dovrebbe essere un grido nel deserto. Non dovremmo aspettare che diventi tragedia per accorgerci che una vita è sospesa. Ora, subito, è il momento di agire. Siamo già a cento giorni di troppo.