Mentre la rivolta contro la Rai, dall’Usigrai alle opposizioni, si allarga per la censura ai danni dello scrittore Antonio Scurati, gli stessi vertici di Viale Mazzini vengono smentiti. Un documento interno della Rai, per l’esattezza una nota contrattuale pubblicata da Repubblica, dimostra che la versione data dal direttore Approfondimenti non è veritiera.
Paolo Corsini aveva infatti sostenuto che la decisione di cancellare la partecipazione di Scurati e il suo monologo sul 25 aprile alla trasmissione di Serena Bortone non fosse legato a motivi editoriali ma economici e contrattuali. Questo documento, però, lo smentisce: si legge che la partecipazione dello scrittore “in qualità di autore di testi creativi” è stata “annullata per motivi editoriali”. E non economici, dunque.
Sul caso si era espressa anche Francesca Bria, componente del cda della Rai, che si era appellata proprio alla direzione Approfondimenti chiedendo di rivedere “la sciagurata decisione di annullare il contratto di Antonio Scurati per motivi editoriali. Questo di fatto significherebbe la censura dei contenuti di un monologo sul 25 aprile e su antifascismo. Inaccettabile”.
Censura in Rai a Scurati, la rivolta dell’Usigrai
L’esecutivo Usigrai protesta per la decisione della direzione Approfondimenti, colpevole di aver “buttato oltre 6 milioni euro su un progetto fallimentare come Avanti Popolo”, mentre ha “tagliato le repliche di Report che invece sono a costo zero, le motivazioni economiche per escludere Scurati sono chiaramente delle scuse per nascondere la verità che è una sola: si voleva silenziare Scurati e il suo monologo sul 25 aprile. Altre narrazioni sono solo dei diversivi per nascondere un sistema di controllo asfissiante che sta danneggiando la Rai, i suoi dipendenti e tutti i cittadini”.
Debora Serracchiani, della segreteria nazionale del Pd, tira in ballo anche il governo presieduto da Giorgia Meloni: “La cancellazione di Scurati può avvenire solo con la copertura politica del vertice di governo, quindi la premier Meloni è la mandante morale e politica di questa scandalosa censura. A lei va riportata la responsabilità di una cappa di regime che sta calando sull’informazione e ora anche sulla libertà di espressione del pensiero”.
La questioni si sposterà in commissione di Vigilanza
La presidente della commissione di Vigilanza Rai, Barbara Floridia, chiede chiarimenti: “Casi come quello che coinvolge in queste ore lo scrittore Antonio Scurati rischiano di screditare il servizio pubblico, ne minano la credibilità e gettano un’ombra sulla sua indipendenza. Non è accettabile trattare così una personalità del calibro di Antonio Scurati. È necessario che l’azienda dia risposte più dettagliate sulle ragioni che impedirebbero la sua presenza nella trasmissione di Serena Bortone. Mi auguro che non si tratti di una scelta editoriale e che si chiariscano tutti gli aspetti di questa vicenda con una risposta convincente per sgomberare il campo da qualunque sospetto di intento censorio”.
Intanto il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, lancia una proposta a tutti i primi cittadini italiani: “Ho una proposta per i miei colleghi sindaci: il 25 aprile, dai palchi delle nostre città, leggiamo tutti il discorso che Antonio Scurati ha dedicato a questa ricorrenza. La Rai ha deciso di censurarlo? I cittadini lo ascolteranno nelle nostre piazze”.
L’Anpi, l’Associazione nazionale partigiani, parla invece di un “fatto gravissimo, l’ennesimo colpo alla libertà di espressione e di informazione. L’Anpi continua a manifestare un forte allarme per questa deriva da regime che ricorda il Minculpop e sta trasformando la Rai in uno strumento al servizio della presidenza del Consiglio. Venga subito ripristinato l’intervento di Scurati. Sia rispettata e attuata la Costituzione”.
La replica di Meloni
La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è intervenuta sulla polemica con un post su Facebook: “In un’Italia piena di problemi, anche oggi la sinistra sta montando un caso. Stavolta è per una presunta censura a un monologo di Scurati per celebrare il 25 Aprile. La sinistra grida al regime, la Rai risponde di essersi semplicemente rifiutata di pagare 1800 euro (lo stipendio mensile di molti dipendenti) per un minuto di monologo. Non so quale sia la verità, ma pubblico tranquillamente io il testo del monologo (che spero di non dover pagare) per due ragioni: 1) Perché chi è sempre stato ostracizzato e censurato dal servizio pubblico non chiederà mai la censura di nessuno. Neanche di chi pensa che si debba pagare la propria propaganda contro il governo con i soldi dei cittadini. 2) Perché gli italiani possano giudicarne liberamente il contenuto”.