“C’è un problema di salari, Meloni ignora il Paese reale”: parla il leader della Uil, Bombardieri

“In Italia ci sono 4 milioni di lavoratori che vivono con meno di 12 mila euro annui. E questo è inaccettabile”: parla Bombardieri (Uil).

“C’è un problema di salari, Meloni ignora il Paese reale”: parla il leader della Uil, Bombardieri

Oggi si fermeranno i medici e gli infermieri, nel fine settimana i treni, i metalmeccanici sono in stato d’agitazione, il 29 novembre, soprattutto, sciopererete assieme alla Cgil per chiedere di cambiare la Manovra. Pierpaolo Bombardieri, leader della Uil, ci spiega cosa succede?
“Succede che c’è un problema che noi abbiamo posto al tavolo del governo che è quello dei salari, della perdita di potere d’acquisto di salari e pensioni. I lavoratori chiedono e rivendicano il rinnovo dei contratti, chiedono e rivendicano di recuperare la perdita del potere d’acquisto e di lavorare in sicurezza. Purtroppo continuiamo a registrare tragedie sul lavoro nonostante le dichiarazioni e gli interventi del governo che dimostrano che invece il tema è tutto in piena emergenza. E ancora: i lavoratori chiedono e rivendicano una sanità pubblica dignitosa. I numeri dicono che lo scorso anno due milioni di italiani non si sono curati per problemi economici e che 4 miliardi sono stati spesi dalle tasche delle famiglie per l’assistenza sanitaria. E che un milione di persone dal Sud si trasferiscono al Nord per essere curate. Quindi è chiaro che lavoratori e lavoratrici e i pensionati, che sono stati premiati con tre euro al mese, dicono non ci stiamo. È la rappresentazione questa del Paese reale che si contrappone a quella spesso utilizzata nella propaganda e che dice che va tutto bene”.

Gli indicatori economici peraltro sono tutti in picchiata.
“Vorrei aggiungere un piccolo riferimento a una legge di macroeconomia, ovvero che se tu non aumenti i salari anche i consumi calano, viene meno un circuito economico virtuoso. È questa una legge di macroeconomia non una tesi di un pericoloso estremista della Uil. Diamo atto al governo che ha stabilizzato il cuneo fiscale. Ma insistiamo col dire che questa stabilizzazione non produce da due anni un solo aumento di un euro nelle buste paga. Ecco perché avevamo chiesto al governo di detassare gli aumenti contrattuali. Se ci fosse stata questa scelta magari il contratto dei metalmeccanici non si interrompeva così bruscamente e quello del trasporto pubblico locale si sarebbe chiuso con più facilità. Il governo sceglie invece la linea dello scontro, come quando viene chiuso un contratto per le funzioni centrali a novembre che se va bene entrerà in vigore a marzo e aprile dopo le verifiche della Corte dei Conti. E nel 2025 sono già disponibili i soldi per l’adeguamento all’inflazione. Ma i lavoratori invece li prenderanno nel 2027. È una scelta senza senso”.
L’Istat ha pubblicato, di recente, i dati sull’andamento della povertà in Italia nel 2023. Si allarga l’area del lavoro povero.
“C’è un tema che lega le nostre battaglie che è quello delle disuguaglianze. Di genere, territoriali, fra chi lavora. Noi sosteniamo da tempo che in questo Paese c’è un numero impressionante – 4 milioni di lavoratori – che vivono con meno di 12mila euro annui. Questi dati dovrebbero far riflettere tutti ecco perché assieme alle battaglie elencate prima poniamo un problema del fisco. Ovvio che c’è una discrepanza. C’è chi le tasse le paga sempre e le paga alla fonte e ogni mese e garantisce i servizi pubblici, dalla sanità alla scuola, a chi le tassa non le paga o a chi rinvia grazie alle azioni del governo”.

Di chi sono le responsabilità della crisi del settore dell’auto?
“Sono ampie. L’Europa ha fatto una scelta sbagliata nell’accelerare i tempi e fissare al 2035 lo stop dei motori tradizionali, senza prevedere investimenti e risorse per una transizione sociale. Noi non abbiamo mai voluto mettere in discussione il Green deal. Ma riteniamo sia un obiettivo da raggiungere se socialmente sostenibile. È necessario investire in tecnologie e in infrastrutture. È necessario garantire un nuovo programma Sure e la formazione e la riqualificazione di chi rischia di rimanere fuori dal mercato del lavoro. E la scelta dell’Europa di non accedere ai bond è sbagliatissima. Se l’Ue non trova solidità in questo settore sarà complicato riprendere il percorso di crescita. Poi ci sono errori fatti in Italia, da molti governi non solo da questo che si è sempre girato dall’altra parte rispetto al tema dell’automotive. Che non ha avuto un rapporto chiaro con Stellantis tanto che oggi chiediamo un intervento della premier. È un tema che riguarda il Paese e coinvolge diversi dicasteri: Economia, Ambiente, Infrastrutture. Vediamo poi una mancanza grave sugli investimenti in infrastrutture. Stellantis ha prodotto in Italia il numero più basso di macchine negli ultimi 30 anni. E non c’è chiarezza su quelle che sono le nostre scelte rispetto ad altri players. Questi sono i principali errori che stanno portando alla perdita del settore dell’automotive in Italia, soprattutto alla perdita dell’indotto. Anche quello conta, è un sistema importante che viene trascurato e lo dimostra il fatto, e torniamo alla prima domanda, che i lavoratori di quel settore sono scesi in piazza per una giornata di sciopero”.