La protesta dei caschetti è scattata in Aula alla Camera durante l’esame del decreto Superbonus. La toppa del Governo Meloni al buco dei crediti incagliati dopo lo stop, dalla sera alla mattina, alla misura targata M5S che ha trainato la ripresa economica soffiando in poppa al Pil sfiancato dalla pandemia. Con un costo peraltro relativo.
Alla Camera via libera libera tra le proteste al decreto Superbonus. Il Censis: il 40% dei crediti si ripaga da solo
Come proprio ieri, nel corso di un’audizione in Commissione Bilancio a Montecitorio, ha certificato anche il Censis: le detrazioni fiscali legate al superbonus del 110% vengono in parte recuperate “lungo un range tra il 38% e il 43% e anche oltre”. Nel corso dell’indagine conoscitiva sugli effetti macroeconomici e di finanza pubblica derivanti dagli incentivi fiscali in materia edilizia, l’istituto ha definito il superbonus “un fenomeno collettivo”, capace di stimolare l’attività produttiva “lungo tutta la filiera delle costruzioni” con effetti sulle imprese, sui redditi da lavoro e in termini di nuove entrate. Ma non è tutto.
Il Censis ha anche chiarito che nella valutazione complessiva della misura vanno presi in considerazione anche altri aspetti come “l’emersione del lavoro irregolare, il contenimento dei costi per il sostegno al reddito e la riduzione della cassa integrazione che nel settore dell’edilizia e in quelli correlati nel 2020 e in buona parte del 2021 aveva raggiunto livelli mai visti prima”. Insomma, un’analisi che contrasta diametralmente con la narrazione del Governo Draghi prima e di quello Meloni poi che hanno dipinto il Superbonus come una misura iniqua che rischiava di scassare i conti pubblici. Di tutt’altro avviso i Cinque Stelle.
“Questo caschetto rappresenta lavoratori, imprenditori, tecnici che lavorano in cantieri oggi chiusi, grazie a voi”, ha arringato da banchi del Movimento 5 Stelle, il vice capogruppo Agostino Santillo rivolgendosi, nella dichiarazione di voto contraria al dl dell’esecutivo. Mentre i deputati pentastellati esibivano giubbotti catarifrangenti anti infortunistica e dei caschetti gialli dei lavoratori dell’edilizia.
“Siete esecutori di un tradimento portato avanti da un sistema istituzionale e bancario di cui fate parte – ha accusato ancora Santillo -. Voi siete per l’austerità. Volete un Pil da prefisso telefonico, minando la credibilità dell’Italia. Avete violato un patto con i cittadini e le imprese: quale investitore viene in Italia così? Abbiamo milioni di edifici sotto sequestro, migliaia di lavoratori con le braccia incrociate. Votiamo no a tutela dell’intera filiera dell’edilizia. Questi cantieri oggi sono chiusi”. Una protesta che, tuttavia, non è bastata a impedire il via libera del decreto che da oggi sarà all’esame di Palazzo Madama dove è previsto per domani il voto di fiducia. Ma cosa prevede nel dettaglio il provvedimento messo a punto dal governo per sbloccare i crediti del Suberbonus incagliati da una serie di provvedimenti del precedente esecutivo e, da ultimo, da quello in carica?
Arriva la norma “salva- crediti” maturati nel 2022
Si parte dalla cosiddetta norma “salva- crediti”. Quelli cioè maturati nel 2022 e che il 31 marzo 2023 rischiavano di scadere per la mancata definizione del contratto di cessione con la banca e la relativa comunicazione dell’Agenzia delle Entrate. Con un emendamento del relatore è stato previsto che la comunicazione all’Agenzia delle Entrate della cessione del credito può essere effettuata anche se il contratto di cessione non sia stato concluso.
L’emendamento deve essere letto in combinato disposto con la remissione in bonis da parte dell’Agenzia delle Entrate dei crediti del 2022 che sarà annunciata con un “comunicato-legge” nel quale sarà ribadito che la comunicazione all’Agenzia potrà essere fatta entro il 30 novembre, termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi. Per beneficiare della proroga sarà richiesto un contributo in quota fissa di 250 euro.
Per i privati che hanno usufruito del bonus senza cessione del credito o sconto in fattura arriva la possibilità di spalmare in dieci anni il credito fiscale
Il decreto declina inoltre il principio della responsabilità in solido: i cessionari che acquistano da una banca i crediti derivanti da bonus edilizi sono esclusi dalla responsabilità solidale in caso di agevolazioni indebitamente percepite, se la banca ha rilasciato un atto di possesso della specifica documentazione sulle opere che attestano il credito. Per i privati che hanno usufruito del superbonus senza cessione del credito o sconto in fattura, arriva invece la possibilità di spalmare in dieci anni il credito fiscale corrispondente, anziché in quattro o cinque anni. La norma è stata introdotta per consentire di usufruire a pieno dell’agevolazione fiscale a chi ha redditi più bassi e risulterebbe incapiente.
Ha avuto il suo bel da fare il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, a gestire una seduta che la protesta dei Cinque Stelle ha reso incandescente. Non proclamato il risultato della votazione, infatti, sui banchi dei pentastellati sono ricomparsi i caschetti da operaio. Accendendo gli animi. “Andate a lavorare!”, hanno urlato dai banchi di Fdi. “Buffoni!”, la replica dagli scranni M5S. Con Fontana costretto a sospendere la seduta per riportare ordine in Aula. Alla fine restano le posizioni politiche.
Con Forza Italia che stronca il superbonus come “il doping che ha favorito una bolla” (copyright Vincenzo Rubano), e Fdi, con Marco Osnato, che promuove il dl: “Contempera la necessità di tutelare i conti pubblici con l’obbligo morale di rispondere alle famiglie e alle imprese”. Dai banchi della Lega, Alberto Bagnai ricorda le proprie perplessità sul meccanismo del 110%. Mentre a sinistra, i 5S invitano la maggioranza a “smetterla con le bugie: la verità sono i benefici economici ed occupazionali del superbonus 110%. Lo ha capito la Ue che sta seguendo la strada delle case green, che il governo ovviamente ostacola”, sostiene Santillo. E il Pd con Chiara Braga boccia “l’ennesimo decreto sbagliato di questo governo, nel merito e nel metodo”. Fine primo round. Oggi il secondo al Senato.