Dopo la prova della nazionale contro la Svizzera, considerate anche le pessime partite precedenti, mi sarei aspettato le dimissioni di Spalletti, come minimo.
Aurelio Lucerna
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Gentile lettore, le aspettavo anch’io, ma campa cavallo! La parabola degli Azzurri in questi europei, finita con la più vergognosa catastrofe calcistica italiana dell’ultimo secolo, non è bastata a indurre Spalletti a un minimo di decenza. Cos’altro deve succedere perché si dimetta? I giocatori devono prendere in ostaggio la sua famiglia? Devono smerciare mescalina in campo? Devono palpeggiare signore ultranovantenni fuori dallo stadio? Niente, dopo la partita con la Spagna, Spalletti disse a mo’ di scusante che “loro erano più freschi di noi”. Ma perché, gli spagnoli non hanno giocato il campionato? E poi dopo la modestissima Svizzera ha avuto il coraggio di dire che era stata una questione di ritmo, che non avevamo avuto il ritmo giusto… Ma vai a quel paese, tu e il ritmo. Solo il giorno successivo – dopo che nella notte il ct pare sia stato affrontato a muso duro dai giocatori alla presenza del presidente della Figc, Gravina – in conferenza stampa l’ineffabile ha fatto una “nobile” ammissione, tipo “Mi assumo la responsabilità di ciò è successo” (ah ecco, noi pensavamo fosse colpa dei raccattapalle tedeschi). Ma non è bastato a fagli pronunciare la parola “dimissioni”. Anche Gravina ha escluso un esonero di Spalletti, ma è la mossa del cavallo: dovrebbe andarsene anche lui, visto che ha scelto il ct ed è altrettanto colpevole di un progetto affidato all’uomo sbagliato. E quando dico sbagliato, dico il minimo sindacale.
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