“Siamo stati lasciati soli”. Il commento amaro del padre di Ilaria Salis, dopo l’incontro con i ministri della Giustizia, Carlo Nordio, e degli Esteri, Antonio Tajani, non lascia spazio a grandi speranze. Roberto Salis dice chiaramente che l’incontro è andato “molto peggio di quanto ci aspettassimo: non vediamo nessuna azione che possa alleviare la situazione di mia faiglia”.
Due sono state le richieste avanzate: i domiciliari in Italia o, in alternativa, in ambasciata in Ungheria. Ma “entrambe ci sono state negate”. E così la sorte di Ilaria Salis sembra scritta: “Credo che mia figlia resterà ancora per molto tempo in carcere e la vedremo ancora in catene ai processi”.
Caso Salis, il padre contro il governo italiano
Insomma, il governo non sembra far nulla di concreto per aiutare Ilaria Salis, neanche dopo le immagini del tribunale in cui è arrivata in catene. Per Roberto Salis “lo Stato italiano non intende fare nulla, dipende tutto dal giudice ungherese e ritiene di non voler fornire dei documenti che avevamo chiesto per agevolare il lavoro dei nostri avvocati, perché dicono che sarebbe irrituale e che possa creare dei precedenti”.
La risposta è che “ci sono 2.500 italiani in queste situazioni e che non si può fare un’azione preferenziale nei confronti di nessuno”. Secondo i ministri i principi di sovranità giurisdizionale di uno Stato impediscono ogni interferenza nel processo e così lo Stato semplicemente non farà nulla. A giudizio del governo italiano la richiesta di domiciliari nell’ambasciata italiana “non è possibile”. E, ha spiegato Nordio, un’interlocuzione con l’organo giurisdizionale straniero sarebbe addirittura “irrituale e irricevibile”.
Per il ministro della Giustizia la strada da percorrere non ha nulla a che vedere con l’azione del governo: deve essere il difensore ungherese a chiedere i domiciliari. Poi, e solo poi, potrebbe intervenire in qualche modo l’Italia per chiedere i domiciliari nel nostro Paese.