La Procura di Roma ha fatto quanto era nelle sue possibilità nella ricerca della verità sul caso di Giulio Regeni, il ricercatore friulano sequestrato, torturato e ucciso in Egitto tra il 25 gennaio e il 3 febbraio 2016. A dirlo, nel corso di un’audizione dinanzi al Copasir, sono stati il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, e il pm Sergio Colaiocco.
Dopo l’iscrizione nel registro degli indagati di cinque agenti egiziani dell’intelligence e della polizia investigativa da parte delle autorità del Cairo non ci sono stati passi in avanti o svolte significative. Pignatone è tornato a sottolineare le difficoltà incontrate nell’interloquire con la magistratura egiziana, anche a causa del differente sistema giudiziario.
I primi 5 indagati sono quelli sui quali c’erano gli elementi più solidi in ordine alle responsabilità per il sequestro di Regeni. Ma gli inquirenti hanno riferito che per fare passi avanti significativi verso la verità “serve un livello di cooperazione da parte delle autorità egiziane che finora non è stato raggiunto”. Pignatone e Colaiocco hanno spiegato che l’inchiesta è sostanzialmente bloccata e che per la Procura di Roma è difficile fare di più.
La mamma di Giulio, Paola Deffendi, è tornata a chiedere verità ricordando che proprio oggi suo figlio avrebbe compiuto 31 anni. “Caro Giulio – ha scritto in un tweet -, ti hanno rubato la vita, sarebbero 31!”.