Passano gli anni ma non viene meno il desiderio dell’Italia di ottenere giustizia per l’omicidio di Giulio Regeni. Un punto su cui si è spesso speso il premier Giuseppe Conte e su cui non intende fare marcia indietro tanto che ieri ha alzato la cornetta per telefonare al presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Al centro del colloquio c’è stata la richiesta del Presidente del Consiglio di dare una scossa all’inchiesta egiziana sul caso del ricercatore torturato e ucciso al Cairo nel 2016.
Si tratta di una mossa, quella di Conte, tutt’altro che casuale perché avviene proprio nei giorni in cui il governo egiziano ha dato il via a un’operazione di repressione che ha colpito i vertici della ong egiziana Eipr, impegnata sul tema dei diritti umani, con la quale ha collaborato anche Patrick Zaki, lo studente egiziano dell’università di Bologna che è finito in carcere il 7 febbraio scorso. Secondo le autorità egiziane la conversazione ha fatto il punto sugli “ultimi sviluppi della cooperazione congiunta tra le autorità giudiziarie sul caso Regeni” e al-Sisi “ha elogiato le ottime relazioni tra i due Paesi nei vari campi, politico, militare ed economico”.
Intanto dalla Procura di Roma si è appreso che entro il 4 dicembre, in prossimità del termine della scadenza delle indagini preliminari, il pm Sergio Colaiocco depositerà gli atti rigurdanti le indagini svolte finora sul caso Regeni e chiederà il rinvio a giudizio per i cinque funzionari della National security agency egiziana iscritti due anni fa nel registro degli indagati (leggi l’articolo).