Consegnare tutta la documentazione relativa alle procedure di rimpatrio del generale libico Osama Njeem Almasri, avvenuto lo scorso 21 gennaio. È l’ordine arrivato mercoledì sera alla Direzione centrale immigrazione e polizia delle frontiere del Dipartimento della Pubblica sicurezza da parte del Tribunale dei ministri, che ha aperto un fascicolo d’indagine sulla premier Giorgia Meloni, l’Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, Alfredo Mantovano, i ministri della Giustizia, Carlo Nordio e dell’Interno, Matteo Piantedosi.
L’indagine è quella partita sulla base dell’esposto presentato dall’avvocato Luigi Li Gotti, con il quale aveva chiesto accertamenti sui presunti reati di favoreggiamento e peculato. Il Tribunale dei ministri aveva già acquisito nei giorni scorsi documentazione del ministero della Giustizia. Ora è toccato al Viminale.
Per Piantedosi Almasri fu rimpatriato perché “soggetto pericoloso”
Il rimpatrio a Tripoli di Almasri – dopo la scarcerazione a Torino, dove era detenuto – sarebbe avvenuto a bordo di un Falcon dei servizi. Nella sua ricostruzione in Parlamento, il ministro Piantedosi sul punto aveva spiegato che “l’espulsione di Almasri è da inquadrare (per il profilo di pericolosità che presentava il soggetto in questione) nelle esigenze di salvaguardia della sicurezza dello Stato e della tutela dell’ordine pubblico, che il Governo pone sempre al centro della sua azione, unitamente alla difesa dell’interesse nazionale che è ciò a cui lo Stato deve sempre attenersi nell’obiettivo di evitare, in ogni modo, un danno al Paese e ai suoi cittadini”.
E la scelta delle modalità di rimpatrio, aveva aggiunto il ministro, “in linea con quanto avvenuto in numerosi analoghi casi anche in anni precedenti e con governi diversi dall’attuale è andata di pari passo con la valutazione effettuata per l’espulsione di Almasri”.
Per la mancata consegna del generale, la Corte dell’Aja ha aperto una procedura contro l’Italia
Sempre in Parlamento, il ministro Carlo Nordio, invece, aveva giustificato la mancata consegna del generale libico con supposti errori nei documenti presentati dalla Corte Penale internazionale. Per la liberazione del ricercato internazionale, accusato di crimini contro l’umanità, tre giorni fa la Corte dell’Aja ha notificato all’Italia l’avvio di una formale procedura di accertamento per una condotta ritenuta “inadempiente”.