Poche parole che sanno, tuttavia, di chiaro avvertimento. A pronunciarle la ministra per le Riforme Elisabetta Casellati: “Servirà una soglia minima. Non si possono fare i salti mortali, passare dal 30% alle urne al 55% in Parlamento sarebbe esagerato”, ha detto l’ex presidente del Senato parlando, in un’intervista a La Stampa, delle ipotesi di premio di maggioranza in vista di una riforma della legge elettorale. Ed è interessante che a bocciare – almeno in parte – l’idea su cui sta tanto insistendo Fratelli d’Italia sia proprio la ministra che dovrebbe occuparsi di riforme. Un duro colpo che, evidentemente, rimette tutto in discussione sul fronte premierato, una delle misure bandiera di Giorgia Meloni e sodali praticamente da sempre.
Per l’ex presidente del Senato Casellati è eccessivo assegnare il 55% dei seggi con il 30% dei voti
D’altronde c’è poco da nel momento in cui la stessa responsabile delle Riforme dice chiaramente che “nessun testo è blindato”. Spazio dunque a tutti i correttivi di modo che sia il Parlamento a decidere e, in ultima istanza, i cittadini italiani tramite referendum. Vista la situzione, non a caso, è stata la stessa premier a retrocedere sottolineando che proprio sulla riforma costituzionale che prevede il premierato “cercheremo il consenso ampio necessario in Parlamento, però se non sarà possibile saranno gli italiani a doversi esprimere con un referendum”, ha detto ieri intervenendo in videocollegamento all’assemblea nazionale della Cna.
“In 75 anni di storia repubblicana, noi abbiamo avuto 68 governi, con un orizzonte medio di un anno e mezzo e lo abbiamo pagato”, ha continuato la premier cercando di convincere sulla necessità di una svolta sulle riforme costituzionali. I continui cambiamenti di guida esecutiva sarebbero gli effetti della “instabilità politica”, ha ribadito la presidente del Consiglio. Che poi è entrata nel dettaglio: “Nel caso di un referendum sulla riforma costituzionale sarete voi a dirci se volete o no mettere fine alla stagione dei giochi di palazzo, dei ribaltoni, delle maggioranze arcobaleno, dei governi tecnici e dei governi che durano al massimo un anno e mezzo e portare l’Italia nella Terza Repubblica”. E poi: “Io confido che gli italiani non si faranno scappare questa occasione di realizzare la madre di tutte le riforme, quella da cui dipende anche la capacità di fare tutte le altre”.
La ministra apre ai cambiamenti sul premierato: il Parlamento è sovrano. E per la misura bandiera di FdI la strada parte in salita
Sul punto, però, resta il dato politico. Nei fatti è Forza Italia, al di là delle dichiarazioni formali, a obbligare Fratelli d’Italia a un passo indietro sulla sua svolta autoritaria. Un passo indietro che inevitabilmente si traduce in assist per le opposizioni che, pure nella giornata di ieri, sono tornate all’attacco. Dal Pd al Movimento cinque stelle, la lettura dell’idea meloniana è chiara: una svolta autoritaria, appunto, che snaturerebbe al tempo stesso sia la funzione del Quirinale che del Parlamento. Due obiettivi in un solo colpo.
Chiaro, ad esempio, il commento tra tutti di Toni Ricciardi, vicepresidente dem alla Camera: “Non è pensabile che una colazione con il 35% dei voti abbia un premio di maggioranza abnorme. Perché non parlano di doppio turno alla francese secco? Perché si stanno facendo una riforma costituzionale su misura propagandista e populista. È del tutto evidente che con il premio al 55%, in Costituzione dovrà entrare anche il ballottaggio. Tra l’altro con i problemi socio economici che ha il Paese, con la manovrina inutile e iniqua che hanno presentato, questa è l’ennesima arma di distrazione di massa”. Più di un semplice dubbio.