Giorgia Meloni muta. La Procura di Pisa intanto nel pomeriggio di ieri ha aperto un’inchiesta per appurare chi ha preso le decisioni e chi ha dato l’ordine di caricare. Da venerdì, quando i poliziotti hanno manganellato degli studenti inermi a Pisa durante una manifestazione che chiedeva la pace in Palestina, la presidente del Consiglio non ha trovato un minuto per dire la sua. Hanno parlato i ministri del suo governo, i maggiorenti del suo partito, i parlamentari della sua maggioranza e il Quirinale ha scritto una nota ufficiale. Meloni muta. L’unica conversazione di cui si ha traccia è un colloquio privato con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in cui il capo dello Stato ha invitato ad abbassare i toni per preservare la coesione sociale. In quel caso Meloni evidentemente non ha nemmeno ascoltato, o forse non ha capito.
Aperta un’inchiesta sulle cariche selvagge agli studenti di Pisa. Intanto la premier si nasconde dietro Piantedosi
Il silenzio non sembra comunque avere l’effetto sperato. Ieri il presidente dell’Associazione Nazionale Presidi (Anp), Antonello Giannelli, ha sottolineato come i ragazzi fossero “a viso scoperto, non disponevano di nessun oggetto in grado di offendere. Vedere dei poliziotti – ha continuato – che manganellano dei minorenni perlopiù inermi, che non causano offesa di nessun tipo, non è una bella cosa”. Il ministro Matteo Piantedosi ha incontrato ieri i sindacati che avevano richiesto un incontro urgente. Non è andata benissimo. All’uscita il segretario della Cgil Maurizio Landini ha sottolineato come la presidente del Consiglio sia “sempre molto attenta su tutto. È chiaro che questo silenzio, di per sé, ha parlato”. Il segretario generale della Uil, Pier Paolo Bombardieri ha spiegato che “non possiamo accettare che ci siano persone con le mani tese che non vengono identificate e ragazzi che protestano con le braccia alzate che vengono manganellate. Questo non è accettabile”.
La Cisl chiede che vengano “accertate le responsabilità e che chi ha sbagliato paghi”. Dall’opposizione per tutto il giorno piovono le richieste di prevedere i codici identificativi per le forze dell’ordine e che il ministro dell’Interno si presenti in Aula. “Lo attendiamo con ansia in Parlamento perché riferisca”, dice il deputato Marco Pellegrini, capogruppo del Movimento 5 Stelle in commissione Difesa a Montecitorio, che avanza anche il sospetto che i poliziotti “eseguissero direttive superiori”.
Il ministro dell’Interno chiamato a riferire in Parlamento dall’opposizione. Che chiede i codici identificativi per gli agenti
Riccardo Magi di +Europa sottolinea come i codici identificativi siano raccomandati anche dall’Onu e dall’Unione europea. L’ex ministro alla Giustizia dem Andrea Orlando sottolinea come “la presidenza del Consiglio non solo sembra ignorare l’allarme del Capo dello Stato, ma scavalca pure il Viminale non appena il ministro Piantedosi, toccato dalla nota del Quirinale, approva un riesame dei fatti con il Dipartimento di pubblica sicurezza”. Dal canto suo il ministro Piantedosi si ritrova in mezzo alla corrente. Mentre l’opposizione insiste nel chiedere le sue dimissioni si ritrova per tutta la giornata a gestire il vittimismo delle sigle sindacali di Polizia (come se le mele marce non siano proprio una questione di “onorabilità” del corpo) e i compagni di maggioranza che lamentano un doppio standard della sinistra. Così prima di sera è costretto a ribadire la stima per il presidente della Repubblica ma contemporaneamente a fare sponda con gli innocentisti più focosi. L’informativa è il passaggio obbligato per fingere di voler chiudere una vicenda che no, non si chiuderà così facilmente.