Forse la definizione più giusta, per quanto a leggerla possa suonare come un pugno nello stomaco, l’hanno coniata i Radicali: le carceri italiane restano una “discarica sociale”. Proprio così. Questo perché, ancora oggi, all’interno delle 193 strutture presenti sul territorio nazionale ci sono oltre 4.300 detenuti in più del consentito. Ben 54.072 (18 mila stranieri, il 33%) contro i 49.701 posti disponibili. Un vero e proprio esercito. L’ultima fotografia l’ha scattata Openpolis in un dossier dal titolo “Dentro o fuori”. Il dato di partenza, come detto, è quello del sovraffollamento, pari al 108% (l’Italia è sesta nella classifica europea). Vuol dire che per ogni 100 posti letto ci sono in realtà 108 detenuti, che spesso vivono in condizioni di disagio sociale e mentale. Certo, il calo rispetto agli scorsi anni c’è. Ma è troppo poco per esultare.
I numeri – Perché, ad esempio, disaggregando i dati l’associazione fa notare come in alcuni penitenziari il sovraffollamento si avvicini al 200%. Numeri da brivido, se si considera che la nostra Costituzione prevede che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato. Qui invece di rieducativo non c’è niente. Anzi. I casi limite sono quelli di Brescia (Canton Monbello), Como e Lodi, dove il tasso di affollamento è pari – rispettivamente – a 191,5, 181,4 e 180%. Ma non se la passano meglio nemmeno Taranto, Grosseto e Catania. La maggioranza dei detenuti (30.723) è accusata o condannata per reati contro il patrimonio, tra cui furti, rapine, frodi e danneggiamenti, mentre i reati contro la persona (lesioni e omicidi) sono la seconda fattispecie più frequente. Al terzo posto ci sono le violazioni del testo unico sugli stupefacenti. Leggendo il dossier di Openpolis, un altro degli elementi che balza all’occhio resta quello della carcerazione preventiva. Attualmente infatti il 17,3% dei carcerati è in attesa di primo giudizio, mentre appellanti e ricorrenti sono il 17,2%. Il 25% dei condannati sta invece scontando pene inferiori a tre anni.
Cortocircuito – Una situazione frutto anche di scelte politiche sbagliate. Insieme agli interventi normativi per ridurre il numero di detenuti (amnistia e indulto), a partire dal quarto governo Berlusconi sono stati varati dei piani per ristrutturare e allargare le carceri esistenti e costruirne di nuove. Com’è andata a finire? Una relazione della Corte dei Conti del settembre 2015 ha certificato il fallimento di quei progetti, visto che è stato speso appena l’11% del budget 2010-2014 e i posti letto sono aumentati solo di 4.415 unità a fronte dei quasi 12 mila previsti. L’altro aspetto drammatico è quello del lavoro in carcere. Oggi meno del 30% dei detenuti ha un impiego: una minoranza. E anche le misure alternative sono scarsamente sfruttate. Ecco perché chi passa direttamente dal carcere alla vita civile ha ancora oggi molte probabilità di compiere nuovi reati. Un trend assolutamente da invertire.
Twitter: @GiorgioVelardi