No, i dati sul sovraffollamento nelle carceri non migliorano. Il tasso di sovraffollamento è infatti arrivato al 113,2%. e in alcune carceri si torna a scendere sotto lo spazio minimo previsto di 3 metri quadrati per detenuto. Questo è il quadro che emerge dal pre-rapporto 2017 che presentato ieri a Roma da Antigone, frutto dei primi sei mesi di visite del nostro Osservatorio.
Già nell’ultimo rapporto, d’altronde, non a caso chiamato #TornailCarcere, si era posta l’attenzione sul ritorno del sovraffollamento con tassi di crescita che, se continuassero all’attuale ritmo, porterebbero in pochi anni l’Italia ai livelli che costarono la condanna da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Ma quali sono le ragioni della crescita del numero dei detenuti? Da una parte il numero enorme di processi penali pendenti. Oltre 1,5 milioni di cui più di 300 mila dalla durata irragionevole e quindi prossimi alla violazione della legge Pinto. I tempi lunghi dei processi influiscono sull’eccessivo ricorso alla custodia cautelare che continua a crescere arrivando all’attuale 34,6%, quando solo due anni fa era al 33,8%. La durata media di un processo in primo grado con rito collegiale è pari addirittura a 707 giorni, 534 nel rito monocratico, 901 in secondo grado. Temi che non diminuiscono negli ultimi anni. Dal 1992 a oggi 25 mila casi di ingiusta detenzione costati 630 milioni di euro. La custodia cautelare ingiusta costa troppo allo Stato.
Dall’altra c’è il fatto che si registra un cambiamento anche nelle pratiche di Polizia e giurisdizionali, effetto questo della pressione dell’opinione pubblica a partire da casi eclatanti.
Altri dati che emergono riguardano lo stato generale delle condizioni di detenzione. Nel 68% degli istituti visitati da Antigone in questi primi mesi del 2017 ci sono celle senza doccia (come invece richiesto dall’art. 7 del DPR 30 giugno 2000, n. 230), e solo in uno, a Lecce, e solo in alcune sezioni, è assicurata la separazione dei giovani adulti dagli adulti, come richiesto dall’art. 14 dell’Ordinamento penitenziario. Inoltre l’Italia è uno dei paesi dell’Unione Europea con il più basso numero di detenuti per agenti (in media 1,7), mentre ciò che manca sono gli educatori. A Busto Arsizio ce n’è uno ogni 196 detenuti e a Bologna uno ogni 139.
Sovraffollamento – Ma torniamo alla grana sovraffollamento, che come detto tocca il 113%. Il dato della capienza regolamentare, sulla base della quale si misura il sovraffollamento, va peraltro preso sempre con le pinze. Durante le nostre visite abbiamo osservato ad esempio come a Nuoro tre bracci dell’istituto risultavano del tutto inutilizzabili, mentre a Livorno un padiglione è chiuso dal 2016 e due addirittura dal 2011. A Civitavecchia la struttura è in buone condizioni, ma vi sono due padiglioni mai aperti perché mai ristrutturati dopo la chiusura avvenuta addirittura nel 1992, mentre ad Arezzo ancora si attende l’assegnazione con bando di gara dei lavori per la ristrutturazione di gran parte dell’istituto, attualmente in disuso. In questi come in altri casi la capienza regolamentare resta invariata, con la conseguenza che mentre questi istituti risultano essere, in apparenza, poco affollati, la capienza complessiva del sistema penitenziario risulta più alta di quella che è nei fatti, e dunque il tasso di affollamento medio nazionale del 113,2% è certamente sottostimato. Drammaticamente veri sono invece i numeri degli istituti più affollati, concentrati soprattutto in Lombardia, come Como, con un tasso di affollamento del 186,6%, e Busto Arsizio, con un tasso del 174,2%. Di conseguenza non sorprende che a Como i nostri osservatori riferiscano di un aumento degli atti di autolesionismo, indicatori di uno stato di grave malessere, o che a Busto Arsizio ci segnalino fenomeni come la compresenza di detenuti in attesa di giudizio e definitivi, la totale assenza di attività trattamentali per intere sezioni o il mantenimento in isolamento di detenuti per reati sessuali al posto del trasferimento in opportune sezioni.